Compositore russo.
L'incontro con rimskij-korsakov e la fase «russo-impressionista». Nacque in una ridente località nei pressi di Pietroburgo, figlio di un rinomato cantante, feˆodor ignatievic (1843-1902), primo basso al teatro Marijinskij. Pur avendo cominciato lo studio del pianoforte a nove anni, S. non fu un enfant prodige. I suoi studi regolari di musica cominciarono anzi molto tardi, quando, già avviato all'università per conseguire la laurea in legge, incontrò N. Rimskij-Korsakov, che accettò di prenderlo, a ventitré anni, tra i suoi allievi di composizione. Il tirocinio di studi con Rimskij-Korsakov durò sino alla morte del maestro (1908) ed ebbe come risultato, oltre alla Sinfonia in mi bemolle (1905-07), una suite di melodie d'impronta popolare per voce e orchestra, Il fauno e la pastorella (Le faune et la bergère, 1905), e due opere sinfoniche, Fuochi d'artificio (Feu d'artifice) e Scherzo fantastico (Scherzo fantastique), entrambi composti nel 1908, insieme a un Canto funebre per la morte di Rimskij-Korsakov per fiati (perduto). Nell'inverno dello stesso anno S., mentre iniziava la composizione di un'opera (che sarà poi Le rossignol), venne presentato a Sergej Diaghilev. Questi, dopo aver ascoltato Scherzo fantastico e Fuochi d'artificio a un concerto, intuì immediatamente il talento del giovane musicista e gli affidò la strumentazione di due pezzi di Chopin per il balletto Les Sylphides, che venne allestito con la coreografia di M. Fokine nella prima stagione dei Balletti russi a Parigi (maggio 1909). Per la stagione successiva, Diaghilev non esitò ad affidare a S. la composizione di un intero balletto: nacque così L'uccello di fuoco (L'oiseau de feu), presentato a Parigi il 25 giugno 1910 con grande successo. In questa partitura, nata sotto l'influenza del colorismo orchestrale di Rimskij-Korsakov, S. mostra già una viva personalità, e un'audacia ritmica e armonica che va molto al di là degli insegnamenti del maestro.
Il periodo «fauve» e l'«histoire du soldat». Nella seconda partitura scritta per i Balletti russi le caratteristiche stilistiche di S. appaiono ormai nettamente definite: si tratta di un capolavoro, Petrouschka (Parigi, Théâtre du Châtelet, 13 giugno 1911), che portò improvvisamente S. alla fama internazionale e a un posto di primo piano nell'avanguardia parigina. La musica di Petrouschka impressionò profondamente Debussy. Il secco colorismo «ritmico» di questo balletto che evoca il dramma di un fantoccio popolare doveva scatenarsi nel violento politonalismo del successivo balletto, La sagra della primavera (Le sacre du printemps; Parigi, Théâtre des Champs-Elysées, 29 maggio 1913), un'evocazione «rituale» della Russia pagana, che segna una pietra miliare nella storia della musica contemporanea, al pari di Pierrot lunaire di A. Schönberg, apparso in quegli stessi anni (1912). Fu un successo «scandaloso», come Parigi non ne aveva più conosciuti dopo la famosa rappresentazione del Tannhäuser di Wagner all'Opéra. L'incisività della musica, il ritmo scatenato, a blocchi sonori ossessivi, la violenza politonale dell'armonia aggredirono di petto pubblico e critica. Nel 1914 S. riprese e terminò Le rossignol, opera in tre atti che venne rappresentata con successo all'Opéra il 26 maggio e dalla quale più tardi (1917) egli stesso ricaverà un balletto, Le chant du rossignol (Parigi, Opéra, 2 febbraio 1920). Nel 1914 S. abbandonò Pietroburgo per stabilirsi in Svizzera, a Morges, sulle rive del lago di Ginevra, dove compose Renard (1916) e L'histoire du soldat (1918), due importanti esempi di opera da camera che influenzeranno molti musicisti del primo Novecento. Con L'histoire du soldat, nella quale si fondono genialmente diverse esperienze di linguaggio maturate da S. – dall'impressionismo al politonalismo, al jazz (vedi anche Ragtime per undici strumenti, 1918, e Piano Rag-Music per pianoforte, 1919) e alla musica da cabaret – in una ambientazione sonora e in una prospettiva strutturale che è stata paragonata al cubismo in pittura, si suole far terminare la seconda «maniera» del compositore. L'esperienza di S. passò attraverso tappe che presentano sorprendenti parallelismi con quelle di Picasso in pittura. Se la prima «maniera» stravinskiana, che è stata definita «russo-impressionista», può essere accostata ai periodi rosa e blu di Picasso, La sagra della primavera sembra piuttosto richiamare i caratteri rivoluzionari della pittura fauve. Ulteriori sviluppi dell'esperienza russo-europea di S. rivelano in lui un genio di «sperimentatore» paragonabile a quello di Picasso: qualsiasi linguaggio musicale egli avvicinò, venne prodigiosamente trasformato in un idioma inconfondibile e inimitabile (gli imitatori, gli epigoni, che sorsero numerosi, finirono col perdersi in un manierismo alla moda).
Le opere «neoclassiche». Anche la terza «maniera» stravinskiana presenta analogie con la fase neoclassica di Picasso. Nel 1919 l'occasione di scrivere un balletto su temi di Pergolesi, Pulcinella, orientò S. verso quell'oggettivismo neoclassico che rappresenterà la sua costante tendenza sino alla Carriera del libertino. Avverso a Schönberg e all'atonalismo (che tuttavia sfiorò nelle mirabili Tre liriche giapponesi, 1913, per voce e strumenti come Pribautki, 1914) il musicista sembra tagliare i ponti con tutto l'Ottocento per riallacciarsi direttamente all'«artigianato» musicale settecentesco, in particolare a Bach e a Händel, i cui moduli e stilemi egli adotta in una geniale «contaminatio» con le proprie tendenze politonali e poliritmiche. Passando attraverso Sinfonie per strumenti a fiato (1920), scritte in memoria di C. Debussy, l'opera buffa in un atto Mavra (1922) e Les noces (1923), balletto per soli, quattro pianoforti e percussione, dove ancora permangono elementi russi, si giunge così alle opere neoclassiche in piena regola, quali il Concerto per pianoforte e orchestra (1929), i balletti Apollon Musagète (Apollo Musagete) e Le baiser de la fée (su temi di Cajkovskij; entrambi del 1928), l'oratorio Oedipus rex (1927). Stabilitosi definitivamente a Parigi dopo la rivoluzione russa, e ottenuta più tardi la cittadinanza francese (1934), S. svolse nel ventennio fra le due guerre un'attività intensissima. Nel 1930 compose la Sinfonia di salmi (Symphonie de psaumes) per coro e orchestra, affermando una nuova tendenza nella musica religiosa che egli coltiverà in modo particolare nel secondo dopoguerra. Del 1934 è Perséphone (Persefone), melodramma per recitante, tenore, coro e orchestra, che persegue la linea oratoriale di Oedipus rex e che lo porterà, nel secondo dopoguerra, all'ambizioso progetto di un'opera «settecentesca». Attraverso i balletti Jeu de cartes (1937) e Orpheus (1947), inframmezzati da alcune importanti opere orchestrali, quali il Divertimento (1934), il Concerto in mi bem. «Dumbarton Oaks» per fiati (1938), la Sinfonia in do (1940), la Sonata per due pianoforti (1944) e la Sinfonia in tre movimenti (1945), alla maniera preclassica, S. giunge così alla Carriera del libertino (The Rake's Progress), melodramma in tre atti su libretto di W.H. Auden (ispirato alle celebri stampe di W. Hogarth dallo stesso titolo), che rappresenta il culmine del paradosso neoclassico stravinskiano: arie, duetti, terzetti, quartetti, cavatine e cabalette virtuosistiche, e persino il recitativo secco al clavicembalo. Intanto nel 1939 lo scoppio della guerra lo aveva indotto a stabilirsi in America, dove prese dimora a Los Angeles, trasferendosi poi (1941) a Hollywood e ottenendo nel 1945 la cittadinanza statunitense. Di qui ritornò di frequente in Europa per dirigervi concerti di musiche proprie, e spesso fu in Italia.
Sulle tracce della dodecafonia e della polifonia rinascimentale. La Carriera del libertino, allestita alla Fenice di Venezia nel 1951, suscitò scalpore, e se ne concluse che S. era ormai giunto a una cristallizzazione del proprio «regredire» nella storia, a un punto limite oltre il quale non sarebbe stato possibile andare. Ma ecco che, improvvisamente, S. scoperse la tecnica dodecafonica e seriale attraverso il più radicale allievo di Schönberg: Anton von Webern. Egli la «sperimentò» per la prima volta, in modo parziale, nel Settimino (1952), la approfondì nei successivi Tre canti da W. Shakespeare (1953) e in quelli In Memoriam Dylan Thomas (1954) – per voce e strumenti – per giungere a usare regolari serie di dodici suoni nel Canticum sacrum ad honorem Sancti Marci nominis per soli, coro e orchestra (1955), che consacra altresì l'adesione di S. alla fede cattolica, nel balletto Agon (1957) e in Threni id est lamentatio Jeremiae Prophetae per soli, coro e orchestra (1958). La «conversione» di S. alla dodecafonia e alla tecnica seriale suscitò nuovo clamore; si volle vedere in essa un altro tratto dell'eclettismo stravinskiano, sempre pronto a sfruttare un'esperienza divenuta di «moda». Tuttavia si è dovuto riconoscere che egli, già antagonista di Schönberg e della sua scuola, trovava proprio ora, nel rigore formale di Webern, un punto di contatto con la propria tendenza al «ricupero»; le forme canoniche del contrappunto, cui la tecnica seriale si riallaccia portavano S. a inoltrarsi ulteriormente nel passato, e infatti le ultime opere citate (tutte con titoli latini) tendono verso i polifonisti rinascimentali, talché S. non esitò a scrivere nel 1960 un Monumento pro Gesualdo di Venosa ad CD annum, costituito da «tre madrigali» per strumenti a fiato e archi, che si può considerare l'ultima importante opera della sua tarda maturità. Nel 1962 fu invitato anche in Unione Sovietica per la prima volta dopo la rivoluzione, e vi diresse, suscitando entusiasmi, concerti a Mosca e Leningrado (San Pietroburgo). Inattivo negli ultimi anni di vita, morì quasi novantenne e volle essere sepolto a Venezia, accanto alla tomba di Sergej Diaghilev.
Q gli scritti e le altre composizioni. Sin dal 1936 S. aveva pubblicato le proprie memorie (Chroniques de ma vie), un documento importante non solo dal punto di vista storico, ma anche per comprendere l'itinerario stilistico e ideologico del compositore. Di poco successiva è Poétique musicale (1942; trad. ital. 1954), sintesi delle lezioni da lui tenute nel 1939 alla Harvard University (usa). La sua produzione musicale comprende ancora: la «sacra rappresentazione» The Flood (Il Diluvio, 1962); lavori corali con orchestra (Le roi des étoiles, Babel, la trascrizione delle variazioni di J.S. Bach sul corale Vom Himmel hoch da komm ich her; la cantata A Sermon, a Narrative and a Prayer), a cappella (4 Canti popolari russi; Pater noster; Credo; Ave Maria; Anthem) e con pochi strumenti (Messa, 1948); composizioni per orchestra (I e II Suite, 1917-25, trascritte dai 3 e dai 5 Pezzi facili per pianoforte a 4 mani del 1915 e 1917; Pas de deux, su musica di Cajkovskij; Danses concertantes, 1942; 4 Norvegian Moods, 1942; Circus Polka, 1942; il trittico Ode; Scene di balletto; Scherzo alla russa ed Ebony Concerto per orchestra jazz, 1944 e 1945; Concerto in re per orchestra d'archi, 1946); musiche per strumento solista e orchestra (Concerto per violino, 1931; Capriccio, 1929, e Movements, 1959, per pianoforte) e da camera (3 Pezzi e Concertino per quartetto di archi; 3 Pezzi per clarinetto solo; Ottetto per fiati, 1923; Duo concertante per violino e pianoforte; Elegy per viola sola; gli 8 pezzi facili Les cinq doigts, Sonata e Sérénade per pianoforte; Concerto per due pianoforti soli; liriche per voce e pianoforte).