Compositore e pianista ungherese.
L'attività di pianista e di etnomusicologo. La sua prima educazione avvenne in un ambiente familiare dominato dall'amore per la musica. Fu la madre a insegnargli i rudimenti del pianoforte; poi, nel 1893, B. intraprese a Bratislava, con L. Erkel, gli studi di composizione, che completò (1899-1903) all'Accademia musicale di Budapest. Negli anni successivi, mentre iniziava la sua intensa attività di pianista, cominciò a coltivare un appassionato interesse per il canto popolare ungherese e balcanico, dedicandosi con Kodály alla raccolta e allo studio dei suoi documenti. Insegnante di pianoforte, dal 1907, all'Accademia di Budapest, proseguì con grande successo la carriera concertistica in patria e all'estero, esibendosi spesso anche insieme alla moglie, pure pianista, e al violinista Szigeti. Contemporaneamente B. veniva precisando la sua personalità di compositore. Nel 1913 il suo interesse per le manifestazioni della musica etnica lo condusse sino all'oasi di Biskra nell'Africa del nord, dove studiò la musica popolare araba. Nel 1919 fece parte, nella Repubblica dei Consigli stabilita in Ungheria da Béla Kun, del direttorio musicale, dando un contributo prezioso alla riforma democratica della vita e dell'educazione musicali ungheresi. La sua produzione si diffondeva intanto in Europa e in America, imponendo il suo nome come quello del maggiore compositore ungherese del suo tempo. Nel 1934 lasciò l'insegnamento per dedicarsi interamente allo studio del folclore; nel 1940, con l'avvicinamento politico dell'Ungheria alla Germania hitleriana, lasciò il paese natale e si trasferì negli Stati Uniti. Qui, nonostante una sporadica attività di pianista, conferenziere e docente di etnomusicologia (soprattutto alla Columbia University di New York), visse quasi dimenticato, ai limiti dell'indigenza, fino alla morte.
Le opere sino al 1924. Le origini della formazione di B. vanno ricercate nella musica del tardo romanticismo centroeuropeo, soprattutto in Brahms, Wagner e R. Strauss, per il quale ultimo egli nutrì una sorta di venerazione. Ben presto si avvicinò – sull'esempio di Liszt – al folclore musicale del proprio paese. Da quel momento, la sua personalità venne gradatamente qualificandosi come quella di un autentico musicista nazionale. A partire, all'incirca, dal 1906-07, egli approfondì metodicamente e scientificamente lo studio della musica popolare, ricavandone insegnamenti decisivi anche per la definizione del suo linguaggio compositivo (si veda, per esempio, l'adozione della scala pentatonica e di altre scale modali, spesso giustapposte fra loro). Ciò non gli impedì di studiare e assimilare, nello stesso tempo, i più importanti fenomeni della musica europea contemporanea, dall'impressionismo all'espressionismo e alle innovazioni armoniche e ritmiche di Stravinskij. Tra le prime composizioni di rilievo che accompagnano la maturazione stilistica di B. sono da ricordare l'opera in un atto Il castello del principe Barbablù (composta nel 1911, rappresentata nel 1918), e Due ritratti op. 5 (1907-08) e i Due quadri op. 10 (1910) per orchestra, l'Allegro barbaro (1911) per pianoforte, in cui l'autore compie una prima geniale sintesi tra le varie componenti della sua formazione. I Quartetti per archi nn. 1 e 2 (1908 e 1915-17), la Suite per pianoforte op. 14 (1916), il balletto Il mandarino meraviglioso (1918-19, rappresentato nel 1925), le Sette danze popolari rumene per orchestra (1917) e le due Sonate per violino e pianoforte (1921, 1923) sono ulteriori tappe fondamentali di questo periodo della sua evoluzione, caratterizzato da un'energia ritmica quasi ossessionante, da un'armonia ai limiti dell'atonalità, da una ricerca timbrica inesauribilmente feconda, da un modo affatto originale di adattare a peculiari fini espressivi le strutture caratteristiche del canto popolare, ricostruito non mediante citazioni letterali ma attraverso l'imitazione e la re-invenzione.
Il periodo «classico» (1926-45). Dopo un silenzio durato qualche anno, comincia nel 1926 una nuova serie di opere, non meno rilevanti e incisive di quelle del decennio precedente. I Quartetti nn. 3 e 4 (1927 e 1928), le due Rapsodie per violino e pianoforte (1928, anche trascritte per violino e orchestra), la Cantata profana (1930), il Concerto n. 1 (1926), il monolitico Concerto n. 2 (1930-31) per pianoforte e orchestra, e la Sonata per pianoforte (1926) appaiono ancora legati all'immagine di tumultuosa vitalità e di libertà formale espressa dalle composizioni giovanili. Altri lavori, come il Quartetto per archi n. 5 (1934), la Musica per archi, percussione e celesta (1936), la Sonata per due pianoforti e percussione (1937), i Contrasti per violino, clarinetto e pianoforte (1938, dedicati al clarinettista jazz Benny Goodman), il Concerto per violino e orchestra (1938) e il Divertimento per archi (1939) tendono invece a un diverso equilibrio – di misura che potremmo definire, in senso lato, neoclassica – delle varie componenti dell'ispirazione bartokiana, sempre più improntate a un ideale della forma musicale di ascendenze beethoveniane. Questo equilibrio appare compiutamente raggiunto nelle opere dell'ultima maturità, come il Quartetto per archi n. 6 (1939), la Sonata per violino solo (1944) e, sia pure con minore intensità interiore e con un'accentuazione degli elementi coloristici e comunicativi, nei lavori espressamente concepiti per il pubblico americano, quali il Concerto per orchestra (1943), il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 (1945), il Concerto per viola e orchestra (1945).
L'opera di B. è uno dei più compatti e solenni monumenti edificati dalla cultura europea nella prima metà del '900. Forse nessun musicista a lui contemporaneo ha saputo esser fedele con tale coerenza a istanze, anche etiche e sociali, apparentemente diverse: al senso autentico e profondo di un radicale rinnovamento delle forme, all'amore per le tradizioni del mondo popolare e contadino. Giacché dall'elemento popolare egli parte per una profonda esplorazione della condizione umana contemporanea. Come la musica contadina, da lui rivelata, appare non subordinata all'istituzione colta, così la sua musica sembra spesso esprimere una realtà quasi «vegetale», autonoma e autosufficiente, staccata dal soggetto. A un'idea morale ed educativa della musica, come linguaggio radicato nella collettività ed espressione del legame con la natura, si ispira la sua vasta produzione a scopi didattici, come i 153 piccoli pezzi progressivi che compongono i 6 libri del Microcosmo (1926-39), i 9 Piccoli pezzi per pianoforte (1926), gli splendidi 44 Duetti per 2 violini (1931, in 4 libri), le numerose raccolte di cori.