Compositore austriaco.
Gli anni di formazione e i primi lavori. Figlio di un maestro originario della Slesia, trascorse tutta la sua esistenza, tranne qualche giro turistico e due brevi periodi di insegnamento in Ungheria, a Vienna e nei suoi immediati dintorni. Nel 1808, grazie al suo talento musicale, poté entrare a far parte del coro della cappella della corte imperiale. Come fanciullo cantore frequentò anche il seminario imperiale, dove ricevette una buona istruzione. Nel 1813, respinta l'offerta di un'altra borsa di studio, lasciò la scuola per far pratica come insegnante, studiando nel frattempo la composizione con Antonio Salieri, che già aveva notato il suo talento. Durante i tre anni successivi S. visse con la famiglia e insegnò nella scuola del padre, componendo intanto i suoi primi lavori. Prima della fine del 1816 aveva composto, fra l'altro, cinque sinfonie, quattro messe e quattro opere teatrali (fra cui i Singspiele Der vierjährige Posten, La sentinella per quattro anni, e Die Freunde von Salamanka, Gli amici di Salamanca). A parte la Sinfonia n. 4, detta La tragica, si tratta spesso di lavori ancora immaturi; ma in un campo, tuttavia, egli trovò la sua strada fin dall'inizio: nel Lied, forma a lui più congeniale nella quale più compiutamente poteva effondere il suo lirico sentimento. Fino al 1816 aveva composto oltre cinquecento Lieder per voce e pianoforte, fra cui diversi su testo di Goethe, come Gretchen (Greta), Erster Verlust (Prima perdita) o Der Erlkönig (Il re degli Elfi), questo divenuto popolare non meno del contemporaneo Der Wanderer (Il viandante), su testo di Schmidt von Lueck. Nel 1816 S. lasciò la casa paterna per andare a vivere con l'amico Franz von Schober. Ma la rottura definitiva con la scuola, che egli odiava, non avvenne che due anni più tardi, quando fu assunto come maestro di musica presso la famiglia del conte Esterházy. S. trascorse l'estate e l'autunno del 1818 nella proprietà di Zseliz in Ungheria, «componendo come un dio», come ebbe a scrivere a Schober. La Sinfonia in do maggiore, ultimata nel febbraio 1818, si colloca su un livello assai più ambizioso delle precedenti e costituisce un omaggio sia alla Sinfonia n. 1 in do maggiore di Beethoven sia alla musica di Rossini, le cui opere erano state accolte con entusiasmo dal pubblico viennese. Sempre nel 1817 furono composte due ouvertures (in re maggiore e in do maggiore) «nello stile italiano» per orchestra e una serie di sonate per pianoforte (fra cui emergono quelle in mi bemolle maggiore e in si bemolle maggiore).
L'incontro con vogl e i capolavori del 1820-22. Nella primavera di quell'anno S. era stato presentato al cantante lirico Michael Vogl, che fece conoscere le sue canzoni e gli procurò l'incarico di scrivere un'opera per il teatro di corte. L'opera, Die Zwillingsbrüder (I gemelli), fu rappresentata nel giugno del 1820; ma nel frattempo (1819) Vogl aveva reso all'amico un servigio ancor più prezioso, portandolo con sé nell'Alta Austria per una lunga vacanza estiva. I dintorni montani di Steyr, luogo di nascita di Vogl, e il fascino della vecchia città entusiasmarono il compositore. Almeno due dei suoi capolavori devono la loro nascita a quell'estate: la Sonata per pianoforte in la maggiore, composta per la figlia di un mercante di Steyr, e il Quintetto con pianoforte in la maggiore (Quintetto della trota ), commissionato dal mercante e violoncellista dilettante Paumgartner (la composizione prende il nome dal suo quarto tempo, costituito da variazioni sul tema di un Lied composto dallo stesso S., Die Forelle, La trota). Le promesse annunciate in questi anni giovanili si realizzarono appieno nel periodo fra il 1820 e il 1822. Sebbene Die Zwillingsbrüder, con Vogl nella parte di protagonista, non avesse avuto che un successo modesto, altre opere furono commissionate a S., che si mise al lavoro, insieme a Schober, intorno a un'opera intitolata Alfonso und Estrella. Nel marzo 1821 Vogl cantò l'Erlkönig in un concerto pubblico al Kärntnertor Theatre, ottenendo un successo tale da rendere popolare, a Vienna, il nome del compositore. In questi anni compaiono nella sua musica accenti più profondi e più maturi: ricordiamo l'incompiuto Quartetto in do minore, il Salmo 43 per voci femminili e pianoforte, la cantata Lazarus per soli, coro e orchestra (anch'essa incompleta), la Fantasia in do maggiore (detta Wanderer, Il viandante) per pianoforte, la quinta Messa in la bemolle maggiore per soli, coro e orchestra, infine la celeberrima Sinfonia in si minore, detta L'incompiuta che, rimasta nell'ombra per alcuni decenni, fu riportata alla luce nel 1865. Ma questo periodo di fervore creativo e di speranze ebbe una conclusione drammatica.
Dalla crisi del 1823 agli abbozzi della sinfonia «la grande». Verso la fine del 1822, S. si ammalò di sifilide e versò per diversi mesi in condizioni preoccupanti. La sua salute ne rimase minata e, si spezzò in modo irrimediabile la sua serenità spirituale. Tuttavia le sue capacità creative ne uscirono indenni, o addirittura rafforzate, anche se, oltre alla cattiva salute, nel 1823 S. dovette far fronte al naufragio delle sue speranze operistiche. Alfonso und Estrella, cui aveva a lungo lavorato con Schober, fu rifiutata dalla direzione dei teatri di corte, e la stessa sorte toccò a Fierrabras, composta lo stesso anno. Nel frattempo, tuttavia, era iniziata la pubblicazione dei suoi Lieder (circa 200 ne erano ancora nati fra il 1819 e il 1823, fra i quali vanno ricordati: Prometheus, Grenzen der Menschheit, Prometeo, limiti dell'umanità; Geheimes, Segreto, ancora su testi di Goethe; lo stupendo ciclo di Die schöne Müllerin, La bella mugnaia). Nella primavera del 1824 si dedicò alla musica da camera, deciso a emulare il compositore che più ammirava, Beethoven. Nei diciotto mesi che seguirono produsse una serie straordinaria di capolavori: due quartetti per archi – uno in re minore (La morte e la fanciulla) e uno in la minore –, un Ottetto in fa per archi e fiati, tre sonate per pianoforte e tre grandi composizioni a quattro mani (la Sonata in do maggiore nota come Gran duo, le Otto variazioni sopra un tema originale in la bemolle maggiore, e il Divertissement à la hongroise). Questi ultimi pezzi furono composti a Zseliz, dove S. trascorse anche l'estate del 1824 come maestro delle contessine Marie e Karoline Esterházy. Dopo la lunga malattia egli aveva riconquistato una relativa tranquillità, e sembra che in quei mesi sbocciasse una sorta di romantica relazione (priva, ovviamente, di qualsiasi prospettiva reale) fra il compositore e la diciannovenne contessa Karoline, alla quale S. dedicò in seguito la più bella delle sue composizioni per pianoforte a quattro mani, la Fantasia in fa minore. Nel 1825, dopo una lunga e felice vacanza con Vogl sulle montagne dell'Alta Austria, S. – riacquistata la fiducia in se stesso e, almeno parzialmente, la salute – si mise al lavoro per realizzare un progetto che accarezzava da anni, la composizione di una grande sinfonia. L'opera, iniziata a Gmunden e a Gastein, fu a lungo creduta persa; ma è ormai opinione generale che si trattasse della prima stesura della Sinfonia in do maggiore, detta la Grande, che S. dovrà riprendere nel marzo 1828. Essa sviluppa molte idee che compaiono in forma embrionale in lavori precedenti, in particolare nei brani sinfonici incompiuti del 1818 e del 1821. L'autografo rivela con quanta attenzione S. ne abbia curato l'ultima revisione. A causa della sua lunghezza e della sua difficoltà, ci vollero molti anni prima che il pubblico e la critica ne riconoscessero la grandezza.
Gli ultimi capolavori. Le composizioni portate a termine da S. negli ultimi suoi tre anni di vita comprendono altri numerosi Lieder (complessivamente i Lieder di S. superano il migliaio), quali quelli del gruppo ispirato alla Donna del lago di W. Scott, quelli su versioni da Shakespeare, il ciclo intitolato Winterreise (Viaggio d'inverno) e l'ultima raccolta nota come Schwanengesang (Canto del cigno). Comprendono inoltre l'ultimo Quartetto in sol maggiore e il Quintetto in do maggiore per archi, le ultime tre sonate per pianoforte (fra cui quella in sol maggiore conosciuta come Fantasia), i trii per violino, violoncello e pianoforte opp. 99 e 100, in si bemolle maggiore e in mi bemolle maggiore, la sesta e ultima Messa in mi bemolle maggiore per soli, coro e orchestra, composizioni per pianoforte a quattro mani come, accanto alla citata Fantasia in fa minore, quelle note come Lebensstürme (Tempeste della vita) e Grand Rondeau, tre serie di Impromptus per pianoforte. Tutte pagine caratterizzate da un senso quasi miracoloso di sicurezza e serenità. Nel marzo 1828, grazie all'aiuto di alcuni amici, il compositore tenne un concerto pubblico. Il successo fu notevole: anche da fuori Vienna gli editori cominciarono a mostrarsi interessati alla sua musica, e il Trio per pianoforte in mi bemolle maggiore venne accettato per la pubblicazione. Per qualche mese le prospettive economiche sembrarono migliorare. Ma furono speranze fugaci. Il fallimento delle trattative per la pubblicazione di altre opere e una lunga serie di ritardi nell'edizione del Trio procurarono a S. le ultime amarezze. Morì di febbre tifoidea nel novembre di quell'anno, e fu sepolto, secondo il suo desiderio, nel cimitero di Währing, accanto a Beethoven. Della sua copiosa produzione si ricordano ancora le musiche per la commedia musicale Rosamunde, le molte composizioni sacre di vario genere, le danze per pianoforte e per orchestra d'archi, le 4 sonate per violino e pianoforte e quella in la maggiore per arpeggione e pianoforte, gli squisiti 6 Momenti musicali per pianoforte, i diversi lavori corali con o senza strumenti, duetti e terzetti vocali con o senza accompagnamento strumentale.
Q schubert e la nuova idea espressiva della forma musicale. Il superamento della forma classica e l'individuazione del nuovo mondo romantico si attuano, in S., secondo un processo che appare l'opposto di quello adottato dal contemporaneo Beethoven. Mentre questi fa leva sul principio retorico che governa gli schemi classici per esasperarlo in una nuova dialettica che sconvolge i vecchi equilibri formali, S. lo elude per esaltare liricamente, del discorso musicale, l'immagine singola. Il fascino dei suoi temi, delle sue melodie, nasce da codesto isolamento lirico dal contesto discorsivo, per cui essi appaiono ogni volta non già gli oggetti di un'elaborazione compositiva, ma l'evocazione di sé medesimi, momenti espressivi allo stato puro. L'apparente indipendenza dell'immagine schubertiana è spesso accentuata dalla sua irregolarità in rapporto all'architettura tonale presupposta dalla forma che la accoglie. E si capisce come nell'ambito raccolto del Lied, libero dall'obbligo dello sviluppo, S. trovi la forma più rispondente alla sua disposizione contemplativa e alla sua concezione della forma musicale come espressione di un «io» psicologico che parla in prima persona. Ma tale sentimento apre una dimensione nuova anche nell'ambito delle grandi forme strumentali da lui trattate (sinfonie, sonate, quartetti, quintetti ecc.), perché l'emergere delle immagini, quali spesso fioriscono da modulazioni di ineffabile dolcezza, colme di incanto melodico e timbrico, determina un andamento in cui rigore e consequenzialità logica si dissolvono per dar luogo a un procedere errabondo ed estatico, che sembra tendere all'infinito (ciò che fu detto la «divina lunghezza» di S.). E si intravede qui un atteggiamento spirituale che sarà tipico del romanticismo, e che dovrà culminare, con altri caratteri, in Mahler.