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"La Bibbia" (1967) rappresenta l'esordio di Nádas come scrittore, prima giornalista e fotografo, ed è significativo che il passaggio alla scrittura sia avvenuto in un momento "caldo" come il periodo antecedente l'invasione sovietica della Cecoslovacchia, momento in cui si è reso necessario levare voci critiche contro la repressione portata avanti in Est Europa; ed è dunque la necessità di denuncia ad emergere fin da questa prima opera, seppur in maniera velata e dovendo fare i conti con la censura. Il punto di forza di questa raccolta è l'intersecarsi delle vite private dei protagonisti con le vicende storiche dell'Ungheria, dalle ambientazioni che fanno da sfondo emergono, in modo molto delicato eppure chiaro, la descrizione della società ungherese dell'epoca, l'Ungheria degli anni '50. Filtrate attraverso gli occhi di bambini vediamo tutte le ingiustizie dell'Ungheria stalinista ed autoritaria di Rákosi, segretario generale del Partito Comunista ungherese nel periodo del terrore staliniano. Quelli che nei racconti possono sembrare i sentimenti infantili di un bambino (ad esempio l'apatia derivante dalla solitudine, le pulsioni e lo spaesamento caratteristico dell'adolescenza, la paura dell'ignoto) non sono altro che la denuncia di un sistema, quello stalinista e autoritario, che instilla nei suoi cittadini la paura degli arresti improvvisi, il sospetto nei confronti degli estranei, e un sistema che porta avanti il tentativo di modellare un'intera società secondo i credo del socialismo. Quella di Nádas è una scrittura intima e del quotidiano, che analizzando i sentimenti e le pulsioni umane, li mette a nudo per indagare i rapporti tra individui, ma anche i rapporti del singolo con l'ambiente che lo circonda, sia con il contesto familiare che con quello storico. La stessa intimità si ritrova nelle fotografie di Nádas, anche tramite la pellicola l'autore entra nella quotidianità dei soggetti e ne indaga i rapporti.
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