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Anno edizione: 2023
Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2017
Han Kang, con il terso, spietato lirismo della sua scrittura, scruta tante vite dilaniate, racconta oggi l’indicibile, le laceranti dissonanze di un passato che si voleva cancellato.
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È il primo libro che leggo di questa scrittrice. Racconta una drammatica pagina della storia della Corea del Sud che non conoscevo fino ad oggi.
La storia è il massacro di Gwangju raccontata dagli occhi delle vittime dirette o indirette della vicenda. La penna è esperta e tagliente, come sa chi ha già letto "La vegetariana". E infatti Han Kang scrive su carta come se lacerasse carne. Un romanzo crudo, forte, arrabbiato. Consigliatissimo.
È un romanzo di denuncia, un memento continuo al ricordo di un fatto storico che noi occidentali (perdonate l'essenzialismo) del tutto ignoriamo: il colpo di Stato militare che ha sconvolto la Corea del Sud negli anni Ottanta; i milioni di civili massacrati nella piazza d Gwangju l’8 maggio 1980, durante una manifestazione pacifica contro il regime di Chun Doo-hwan. Viene da sé che questo romanzo non sia facile: nessuno viene risparmiato, neanche il lettore, che è "costretto" ad essere circondato dalla morte in tutte le sue forme; Han Kang non si risparmia nelle descrizioni e questo rende la lettura ancora più "viva". La narrazione è corale, ma al contrario di altri romanzi che ho letto, è una coralità singolare, nel senso che diverse voci partecipano alla narrazione di un solo racconto, a voler dimostrare che in guerra non esistono né vincitori né vinti e che tutti perdono qualcosa: un amico, un fratello, un figlio o se stessi.
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