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V.M.18, controverso romanzo della controversa Isabella Santacroce, narra le gesta di Desdemona, una ragazzina bellissima, insopportabile, manipolatrice e invasata, che nel giro di un anno, con la complicità di due spietate ninfette, distrugge le vite delle sue compagne di collegio nonché di praticamente tutto il corpo docente. Questo romanzo, che della cosiddetta Trilogia di Desdemona XI è il primo volume e rappresenta l'Inferno, è pieno di: sesso estremo, droghe, sadismo, torture, zoofile, coprofagia, incesti, infanticidi, castrazioni, omicidi, pianti, grida, risate, sangue, sangue, sangue. Praticamente, gli ingredienti di uno scandalo editoriale. E così fu, infatti: tutti a gridare allo scandalo, tutti a voler mettere al rogo la nuova strega. Eppure, più leggevo V.M.18, più mi veniva in mente la prima volta in cui vidi Pulp Fiction. Ricordo che, da ragazzino, quando uscì la celebre pellicola di Tarantino, tutti, in generale, dicevano: «Pellicola di una violenza inaudita, insostenibile!». Tant'è che a me, in particolare, amici e conoscenti mi avvertivano: «Preparati: la pellicola è di una violenza inaudita, insostenibile!». Sicché io m'ero veramente preparato al peggio e, fremente, con un po' di paura, mi misi a guardare il film. E nel frattempo pensavo: «Quand'è che arriva la violenza inaudita e insostenibile?». Non che non ce ne fosse, di violenza: a Uma Thurman le infilano una siringona in pieno petto; John Travolta spara in testa a un tizio per sbaglio; Bruce Willis finisce nelle mani di un sadico bizzarro tutto fruste e tute di leather. Ma non c'era nulla né di inaudito né insostenibile, in quella violenza. O meglio, in quella rappresentazione della violenza. Perché, così com'era rappresentata, quella violenza era farsesca, fumettistica, paradossale, fantasiosa. Quello che quindi, a mio avviso, molti lettori di V.M.18 non hanno colto è proprio la dimensione paradossale e fantasiosa dell'opera. Si è parlato a lungo dell'epigrafe del romanzo ("A Dio Onnipotente, mio marito"), così come del carattere DeSadiano delle vicende narrate. Si sono articolate alcune speculazioni sul reale significato di alcuni ermetismi sparsi qua e là nel testo, si sono fatti anche parecchi j'accuse. Nessuno, però, ha detto la cosa più importante e, per certi versi, più stupefacente di tutte: V.M.18 è un romanzo estremamente fantasioso e, spesso, anche molto divertente! Basti pensare, per esempio, alla descrizione immaginifica e visionaria della tromba di Eustachio, che Desdemona ama più di ogni altra cosa e dentro la quale vorrebbe perdersi per sempre. Oppure le genitoriali missive, piccole commedie dell'idiozia umana che puntualmente giungono a molestare Desdemona e distrarla dai suoi piani malefici. Oppure il resoconto, davvero tragicomico, delle sventure sentimentali della direttrice dell'istituto. Ci sono anche altri elementi che costituiscono e costruiscono la pluralità delle intonazioni di questo libro. C'è, per esempio, la componente se vogliamo più filosofica e teorica, che si dipana attraverso una serie di riflessioni sull'etica, sull'estetica e, dunque, sulla religiosità: elementi, questi tre, imprescindibilmente interconnessi nella visione della crudele Desdemona. In poche, insufficienti e ingiuste parole: Desdemona è un personaggio sì DeSadiano (sebbene avviluppata in una trama e in un'atmosfera che sembra un incubo in technicolor di Lewis Carroll), ma anche, e soprattutto, Nietzscheano. Anzi, post-Nietzscheano. Desdemona vuole andare ben aldilà del Bene e del Male perché, proprio cercando, o meglio creando, una dimensione talmente estrema in cui gli estremi si scontrino annullandosi in maniera spettacolare può trovare la vera bellezza, quell'estasi di cui lei si autoproclama l'eroina. Un superamento delle dicotomie apparenti della morale e dell'etica, operato per ragioni estetiche, e che sfocia in misticismo religioso profondo: Desdemona immagina, anzi, vede Dio Onnipotente e Satana sfidarsi, combattere in una singolar tenzone come cavalieri nelle loro scintillanti armature, lottare per sempre, eternamente, senza che l'uno vinca mai sull'altro. Una lotta infinita che, nel sangue e nella distruzione, genera il scintillio della vita. C'è anche una dimensione decisamente gotica. Desdemona, l'eroina dell'estasi, è una protagonista evidentemente romantica, nel senso più originale e puro di 'romanticismo'. Desdemona è estrema. Il suo corpo, la sua sensualità, la sua materialità, si compattano attorno a un'idea (un'idea, appunto, estetica, etica e religiosa). Non conosce le leggi di natura, eppure sa usarle a suo beneficio e vantaggio. È, lei stessa, una forza della natura. Ma forze ancora più oscure si agitano all'interno del collegio. I tavoli della mensa sono disposti in maniera esoterica, nei corridoi e nelle aule sembra che riverberino voci, sussurri, emblematici presagi, come se l'architettura stessa del collegio fosse stata concepita per accogliere l'arrivo di Desdemona. Non manca l'apparizione spettrale di uno spirito antico, una bambina bianca con gli occhi rossi, forse morta secoli prima, forse una lontana antenata della bianchissima e candidissima Lulù Delacroix, protagonista del Paradiso Santacrociano, forse la materializzazione di inquietudini profonde dell'inconscio di Desdemona. Uno spirito che le rivela la cosa più spaventosa e crudele di tutto il romanzo: quella cosa che tutti noi sappiamo e che, quotidianamente, facciamo finta di dimenticare. Infine, credo che ci sia anche una componente psicologica in questo romanzo. Desdemona è una ragazzina petulante e crudele, certo, capace di organizzare una serie apparentemente disparata di crimini che poi, nel giro di poche, vorticose pagine, si incastrano perfettamente l'uno con l'altro, facendo emergere un mandala dell'orrore. Ma è anche un'idealista, una sognatrice, una visionaria che preferirebbe affogare nel vortice splendente della sua amata tromba di Eustachio piuttosto che rimanere a galleggiare nella sozzura acquitrinosa e lurida della mera, volgarissima realtà. Desdemona è una ragazza incredibilmente intelligente, ma circondata da idioti. A partire dai suoi genitori: due meschini mentecatti che non la comprendono, non capiscono niente, credono di amarla ma non sono in grado nemmeno di amare loro stessi. E si fa dunque legittimo il sospetto che il vero 'inferno' di V.M.18 non sia l'ambaradan granguignolesco che Desdemona allestisce con lucidissima furia nel Collegio delle Fanciulle. È la sua condizione stessa, a essere l'inferno. È Desdemona, con la sua mente portentosa, la vera prigioniera sofferente, costretta a vivere nella mediocrità infernale di una famiglia che non la comprende, di una società che non le permette di essere libera, di pensare, di sognare. Chi è, in fondo, Desdemona? Desdemona siamo tutti noi. O meglio: dentro ognuno di noi c'è una piccola, bellissima Desdemona che non abbiamo mai avuto il coraggio di liberare, che teniamo prigioniera delle nostre psicosi, delle nostre ipocrisie. Quante volte avremmo voluto mentire senza provare nessun rimorso? Quante volte avremmo voluto affermare la nostra libertà senza temere il giudizio degli altri? Quante volte avremmo voluto vendicarci di quei nostri compagni di classe? Quante volte avremmo voluto uccidere quei nostri maestri? Quante volte avremmo voluto castrare i nostri amanti? Quante volte avremmo voluto pensare solo e esclusivamente al nostro piacere, alla nostra estasi? Desdemona, prigioniera dell'inferno che le abbiamo costruito attorno, ha fatto tutto questo per noi. Lei, l'eroina dell'estasi, che è morta sulla Santacroce della Letteratura per liberarci dal nostro peccato più originario, più peccaminoso di tutti: la negazione di noi stessi.
E' la prima volta che: 1- salto interi paragrafi per lo schifo dei contenuti; 2- butto nel bidone un libro nello stesso istante in cui lo finisco. L'autrice ha bisogno di un medico bravo non tanto per la storia in sé, ma per il solo fatto di riuscire a pensare a certi gesti, azioni, modus operandi. L'ho letto e l'ho trovato angosciante e stomachevole; uno schifo.
Sono un pò di parte perchè Isabella è la mia eroina e la trovo geniale,credo che abbia dato una svolta alla letteratura italiana col suo modo di scrivere;Isabella ha inaugurato un nuovo periodo dell'arte paragonabile a quello blu o rosa di Picasso che stimo allo stesso modo.In una classifica di tutti i libri che ho letto in vita mia VM è senza dubbio il Libro con la L maiuscola e apre la trilogia della Santacroce che ci trascina prima all'inferno per arrivare al Paradiso con Lulù Delacroix (rivisitazione superba di Alice nel paese delle meraviglie).Chi critica negativamente Lei e le sue opere lo fa solo perchè viviamo in un Paese e in una società che ci impone delle etichette,chi si sciocca per ciò che ha il coraggio di esprimere anche riguardo alla religione o per le sue performance non è altro che l'italiano medio che guarda il Grande Fratello e la sera magari va a prostitute con moglie e bimbi a casa ad aspettarlo.Se fate parte della categoria dei benpensanti non leggete i suoi romanzi ,nessuno ve lo impone,però chissà perchè fate fate e siete curiosi ma subito pronti a puntare il dito vero?Isabella è questo,"un satanico Dio e un celestiale demonio,la somma di due sacralità contrapposte e identiche".Come disse Oscar Wilde 'Vi è solo una cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé',quindi credo che lo scopo in ogni caso sia centrato
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