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Vij, come si trovò a dire lo stesso Gogol', «Codesta storia è tutta una leggenda popolare. Mutarla in alcunché non ho voluto e pressoché con la stessa semplicità con cui l'ho udita, la racconto».
Un giovane e sventurato seminarista, una vecchia fattucchiera, una graziosa fanciulla defunta, tre notti di litanie, i demoni e lui, il Vij. Una fiaba dell'orrore, una mistura di ingredienti realistici, fantastici e grotteschi nella pura tradizione gogoliana già sperimentata nelle Veglie alla fattoria presso Dikan'ka, l'abilità di mescolare il tutto con sapiente maestria, di attirare il lettore in una spirale di emozioni, dopo avergli fatto sorseggiare l'intruglio magico della lingua russa ottocentesca. Vij, apparso per la prima volta nel 1835 all'interno della raccolta Mirgorod, è tutto questo. È una serie di situazioni rocambolesche che il giovane Chomà Brut si trova ad affrontare dall'arrivo in una fattoria maledetta fino alla veglia del corpo di una giovane cosacca. È la contrapposizione tra il realismo diurno e il fantastico della notte. È un breve affresco della perenne battaglia tra la luce e le tenebre.
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Appassionato della ABEditore, attratto dalla copertina, dall'autore e dal titolo. Questa volta una delusione. Principalmente non ho apprezzato la traduzione in stile "vecchio", piena di parole desuete. Il colpo di grazia è arrivato quando due cosacchi ubriachi si sono messi a parlare in romanesco.
La storia di Vij, che si sviluppa in appena un’ottantina di pagine, vede al suo interno tanti personaggi che si muovono sullo sfondo di un’Europa dell’est ottocentesca, dicendo e facendo cose spesso non molto comprensibili al lettore (nonostante le note che traducono e spiegano le parole scritte in lingua straniera), in quanto troppo lontane dalla società attuale. La storia è movimentata, a suo modo piena di azione, ma la prosa, che viene tradotta fedelmente dalla lingua madre in cui è stata scritta, il russo, può creare delle difficoltà al lettore. Il racconto non è suddiviso in capitoli e segue un andamento tipico del tempo, solo che data la lunghezza, decisamente superiore rispetto alle fiabe Grimm che di solito constano al massimo di una decina di pagine, rischia di diventare caotico. Insomma, Vij rimane sospeso in un limbo in cui può essere molto apprezzato come anche passare in sordina. Non è un libro adatto a tutti, ma in ogni caso è da tenere in conto che fa senza dubbio la sua figura: come per tutte le sue pubblicazioni, ABEditore l’ha realizzato con cura, dandogli una veste estetica volutamente vintage, invecchiata, che dà la sensazione di avere tra le mani un volume di antiquariato. Persino il font utilizzato è stato sapientemente scelto, così come tutte le decorazioni e illustrazioni. Altra piccola ma notevole chicca è la versione in lingua originale inclusa nella seconda metà del libro, scritta in cirillico.
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