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Anno edizione: 2010
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I primi anni di vita sono cruciali per ogni infante, perché in quel periodo si viene ad avviare la formazione della personalità, a cui contribuiscono in modo determinante i genitori con l’educazione e la cura dei piccoli; però non è che l’inizio e anno dopo anno, fino più o meno alla maturità, si sviluppa quello che sarà l’uomo di domani, con i suoi pregi e con i suoi difetti, in parte innati, in parte dovuti alle attenzioni e agli insegnamenti ricevuti. E’ quindi evidente che la famiglia riveste un ruolo primario tanto che nel nostro diritto ci sono tutta una serie di norme a tutela del minore. Non è certo facile per un genitore educare, ma è un dovere a cui dovrebbe di buon grado assoggettarsi in quanto il futuro del figlio e/o o della figlia dipende molto dalla passione, dall’entusiasmo, dall’esempio con cui si allevano e, a parte i casi particolari di individui che nascono con determinate caratteristiche che li rendono insensibili a qualsiasi forma di istruzione, è certo che l’uomo di domani è anche il frutto di questa quotidiana e attenta attività. Il troppo amore o il troppo poco amore, il cattivo esempio finiscono così con l’incidere profondamente questa personalità in formazione, con reazioni a volte anche violente che il genitore per lo più si rifiuta di comprendere. Questo tema della famiglia e dell’allevamento dei figli deve essere particolarmente sentito da Isabella Bossi Fedrigotti, tanto che ha pensato di scrivere un libro, in pratica sei storie di bambini che, per un motivo o per l’altro, non hanno avuto un’infanzia equilibrata e felice, al punto da marcare indelebilmente le loro vite. In verità le vicende sono sette, perché all’inizio c’è anche quella personale dell’autrice, una sorta di confessione, il tentativo di liberarsi da un peso che trascinava fin dalla più tenera età. Sono storie varie e a un certo punto è logico chiedersi se siano vere, e ciò è logico, tanto che il libro presenta un ultimo capitoletto intitolato La solitudine dei nostri figli in cui l’autrice ci fornisce la risposta, laddove dice “ Vengono, come la maggioranza delle mie storie, dalla realtà, viste, ascoltate, indovinate. Sono tutte quante, compresa la prima, rigorosamente inventate dal vero, nel senso che pur essendo reali sono rielaborate dalla fantasia come è inevitabile che sia per un’opera di narrativa, tanto che nessun bambino o ex bambino riuscirebbe a riconoscersi in uno di questi personaggi e forse nemmeno io nel racconto dell’introduzione.”. Sta di fatto che la fantasia non ha scalfito realtà in cui non ci sono bimbi seviziati, ma povere creature che diventano o preda ossessiva di genitori che da loro si aspettano ciò che non hanno avuto, o che vengono fatti sentire di peso, come degli incomodi. Sono storie raccontate con mano lieve e tanta tenerezza, come se Isabella Bossi Fedrigotti intendesse in un certo modo dimostrare quel giusto affetto che non hanno avuto. E in questo è veramente brava, perché non ci sono né asetticità, né passione, in un equilibrio raro che l’autrice trova nell’amore per i suoi personaggi. Come sempre la scrittura è piana, mai affaticante, così che la lettura risulta facile e gradevole, anche se rimane dentro una spina nel cuore, pensando a Pietro e alla separazione dei suoi genitori, oppure a Paolina, a cui la vita ha inferto solo ferite. La lettura è ovviamente consigliata, anche se ci si chiede quanti Pietro e Paolina ci siano, quanti bambini si trovino spaesati in una famiglia, quanta sia la sofferenza di queste piccole creature che si porteranno appresso per tutta la vita.
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