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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2017
ERAVAMO QUEL CHE VOI SIETE, SARETE QUEL CHE NOI SIAMO. E’ ciò che troverete scritto all’ingresso del cimitero in cui sono sepolti i detenuti dell’ormai dismesso carcere dell’isola di Pianosa. Anche nel cimitero di Spoon River ciascuno ha la sua storia, truffatori, vittime, assassini, soldati, nobili, poveracci…suonatori ambulanti, alcolizzati, gente normale, talvolta sfortunata. Se la morte rende tutti uguali come possiamo assurgerci a giudici del “prossimo”? “Oh, perchè inorgoglirsi quando siamo mortali?”
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Cosa posso dire sull'Antologia che non si sappia già?! Trovo pazzesca l'idea di scrivere delle poesie sotto forma di epigrafe e raccontare la storia di un'intera cittadina. Aah, che ingegno sir Edgar Lee Masters! Che poi, diciamocelo, se ha convinto anche il buon Cesare Pavese, ma chi sono io per oppormi e non gridare al capolavoro?! "C'è qualcosa nella morte che somiglia all'amore. Se per qualcuno con cui avete conosciuto la passione, e il fuoco dell'amore giovane, anche voi, dopo anni di vita insieme, sentite estinguersi la fiamma, e cosi svanite insieme, piano piano, lievemente, delicatamente, l'uno nelle braccia dell'altro per così dire, uscendo dalla stanza consueta- quello è un potere di unisono fra le anime che somiglia all'amore."
Il giudizio del sottoscritto è probabilmente influenzato dall'apprezzamento per il concept album che De André scrisse ispirandosi a questa raccolta, ma anche l'opera in sé merita veramente tanto a prescindere dal capolavoro musicale di Faber. Si tratta di una raccolta di poesie tratte dalle lapidi del cimitero di Spoon River: qui, i defunti mettono in mostra i loro lati nascosti e la loro vera essenza. Oltre a questo denudarsi dei propri tabù, si mettono in mostra anche gli aspetti intrijnsechi dell'epoca, positivi o negativi (soprattutto) che fossero.
L'antologia di Spoon River fu portata in pieno fascismo in Italia con un escamotage da parte di Pavese, che la tradusse anche. Il testo si compone di una serie di bozzetti, dedicato ciascuno ad una lapide, o meglio: l'occupante di ogni lapide racconta la sua storia. Talora le storie si intrecciano, talora parlano di grande solitudine. Sono raccontate brevemente come se ad ogni trapassato fosse riservato un brevissimo tempo per affacciarsi sul nostro mondo. Da leggere col testo originale al fianco che sa essere ancora più conciso della traduzione.
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