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“Non c’è da meravigliarsi che, uscendo dal teatro, la gente si chieda cosa diavolo ha visto. In casi come questo si finisce sempre per attribuire all’autore un preciso disegno simbolico, e si rigira il testo pezzo per pezzo, battuta per battuta, cercando di ricostruire il puzzle. Si ha l’impressione che Beckett, a casa sua, stia ridendo malignamente alle nostre spalle, mentre con una semplice intervista alla televisione potrebbe chiarire ogni cosa. Diremmo subito che, a nostro parere, pretendere a tutti i costi questo “sesamo apriti” non ha senso. Stabilire se Godot è Dio, la Felicità, o altro, ha poca importanza; vedere se in Vladimiro ed Estragone la piccola borghesia che se ne lava le mani, mentre Pozzo, il capitalista, sfrutta bestialmente Lucky, il proletariato, è perfettamente legittimo, ma altrettanto legittima è la “chiave” cristiana, per cui tutto, dall’albero che si trova sulla scena, e che dovrebbe rappresentare la Croce, alla barba bianca di Godot, si può spiegare Vangelo alla mano”. (Carlo Fruttero)
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Frutto del Teatro dell'Assurdo, è un'opera molto bella anche se apparentemente priva di significato.
Bel libro,arrivato in ottime condizioni e nei tempi stabiliti
Un'opera teatrale del tutto surreale, incentrata sul tema dell'attesa, per qualcosa o qualcuno che non arriverà mai e che resta del tutto immaginario. Chi è Godot? Questa domanda trova risposta nel fim "Grazie Ragazzi" di un magistrale Antonio Albanese, può essere Dio, può essere un Amico o un parente; chi è in carcere sa cosa significhi aspettare, attendere un'ora d'aria, un abbraccio, un sorriso, un viso familiare e attraverso Godot non solo danno testimonianza di questo attendere calpestando grandi palcoscenici del mondo, ma allo stesso tempo attraverso l'opera di Beckett chiedono rispetto, dignità e inserimento sociale. Il mancato riconoscimento di tali condizioni spesso porta a finali tragici, come la necessità di fuggire e ritornare ad aspettare Godot e chissà per quanto tempo ancora.
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