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“Non c’è da meravigliarsi che, uscendo dal teatro, la gente si chieda cosa diavolo ha visto. In casi come questo si finisce sempre per attribuire all’autore un preciso disegno simbolico, e si rigira il testo pezzo per pezzo, battuta per battuta, cercando di ricostruire il puzzle. Si ha l’impressione che Beckett, a casa sua, stia ridendo malignamente alle nostre spalle, mentre con una semplice intervista alla televisione potrebbe chiarire ogni cosa. Diremmo subito che, a nostro parere, pretendere a tutti i costi questo “sesamo apriti” non ha senso. Stabilire se Godot è Dio, la Felicità, o altro, ha poca importanza; vedere se in Vladimiro ed Estragone la piccola borghesia che se ne lava le mani, mentre Pozzo, il capitalista, sfrutta bestialmente Lucky, il proletariato, è perfettamente legittimo, ma altrettanto legittima è la “chiave” cristiana, per cui tutto, dall’albero che si trova sulla scena, e che dovrebbe rappresentare la Croce, alla barba bianca di Godot, si può spiegare Vangelo alla mano”. (Carlo Fruttero)
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Un delirio divertente e nonsense, ma che riesce anche ad essere profondo.
Capolavoro del teatro dell’assurdo, a distanza di oltre 70 anni risulta ancora fresco e attuale. L’opera di Samuel Beckett è stata rappresentata in tutto il mondo da tanti attori famosissimi. Tra gli ultimi interpreti dei due straccioni protagonisti ricordiamo Patrick Stewart e Ian McKellen (per chi ha visto i primi film degli X-Men li ricorderà come Professor X e Magneto). Questa opera teatrale è famosa non tanto per la trama (banale e anche noiosa) quanto per il messaggio che riflette l’angoscia e l’immobilità dell’uomo nel XX secolo che attende la venuta di un nuovo messia o di una guida che dia un senso alla sua esistenza.
Un opera teatrale assurda, surreale, incentrata sul tema dell’attesa. Nonostante l’ assurdità l’ho trovato unica
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