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Anno edizione: 2014
«I fanciulli trovano il tutto anche nel niente, gli uomini il niente nel tutto.»
Libro poetico e, per questo, morale, le Operette leopardiane sono, insieme, teatro filosofico e narrazione fantastica, trattato sull'infelicità dei viventi, ma anche rappresentazione di quella leggerezza, e ironia, e persino letizia, che la storia della civiltà – tra violenza e astrazione – ha disperso o negato. Sui modi del comico – dallo straniamento all'antifrasi, dal burlesco al fiabesco – trascorre l'onda di un pensiero tragico. Come nel riso c'è il riverbero di una saggezza fatta esperta degli inganni del mondo, del vanire delle cose. La critica della restaurazione, di ogni forma di restaurazione e di conformismo, l'indagine sulla natura, sulla sua prossimità e indifferenza, lo sguardo sulla materia, sul suo circuito perpetuo di produzione e distruzione, il pensiero della finitudine, dell'irreversibile, del limite, si fanno, in questo libro, affabulazione e dialogo, racconto e finzione teorica: ma il "deserto della vita", il silenzio della speranza, le ombre stesse del nulla hanno qui un fremito, una loro irripetibile lingua, e passione.
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Una lucida e razionale spiegazione del rapporto uomo-natura.
Estremamente attuale, ma soprattutto GENIALE. Nella forma, nei pretesti dei racconti... incredibile. Si osserva anche la maturazione del suo pensiero, che resta, però, coerente con sé stesso. Il dialogo di Porfirio e Plotino è un CAPOLAVORO ("via di fuga" e "seconda natura"), che racchiude, con il dialogo di Cristoforo Colombo (la noia) e quello di Tristano (il coraggio), il senso di tutta l'opera. Attenzione al dialogo tra la natura e l'islandese (accettazione di ciò che viene espresso fino a quel momento).
È incredibile come questo libro sia ancora così estremamente attuale. Lo sto usando in un percorso lettura in una scuola superiore e i ragazzi ne sono entusiasti
Recensioni
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