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L’espressione “fuori di sé” indica nel linguaggio comune uno straniamento dalla situazione ordinaria, dal semplice stupore sino alla pazzia. Filosoficamente quella medesima espressione significa la condizione specifica del vivere umano, decentrata già rispetto all’identità biografica: l’io cerca se stesso, dunque non è in sé. Il saggio riannoda i fili di questa costitutiva dislocazione a partire da alcuni miti: Eva, Narciso, Orfeo, Psiche, l’eros platonico. Lo stato eccentrico dell’io rispetto a se stesso implica la natura del corpo e si manifesta in modo estremo nelle esperienze d’amore e di follia, sino all’estasi. La costellazione tematica si affida, in particolare, ad alcuni passi celeberrimi di Kierkegaard intrecciati alle pagine contemporanee di Marion e Henry e si disegna attraverso le analisi di Jaspers, Merleau-Ponty, Levinas, Sartre e Blanchot, tutti attenti alla soggettività estatica. L’itinerario giunge a interrogare lo stato di grazia di chi può finalmente dire “io sono”.
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