Compositore. Studiò al conservatorio di Milano, dove, dal 1883, insegnerà composizione avendo come allievi, tra gli altri, Puccini e Mascagni. Dal 1861 al 1886 fu maestro di cappella nella chiesa di S. Maria Maggiore, a Bergamo. Con la sua prima opera, I promessi sposi (già composta e rappresentata a Cremona nel 1856 su libretto anonimo, ma poi rielaborata su libretto di E. Praga e andata nuovamente in scena al Teatro Dal Verme di Milano nel 1872) ottenne una buona affermazione, che gli valse una scrittura alla Scala. A un altro notevole successo, I Lituani (1874), seguì il trionfo, pure alla Scala, della Gioconda, su libretto di Tobia Gorrio, pseud. di A. Boito (1876; seconda versione 1880). La produzione di P. si situa in un momento difficile del melodramma italiano, nel mutato clima morale che segue la fine degli anni risorgimentali; Verdi cerca ormai vie nuove, ma i suoi epigoni si rifanno ancora alle sue opere di maggior successo e ne riducono i caratteri a formule, a ricerca di effetti sicuri. Tra questi epigoni P. si inserisce con dignità: La Gioconda, che è la sua opera più riuscita e l'unica rimasta in repertorio, si vale di un libretto abile, improntato al gusto spettacolare del grand-opéra. Anche non evitando l'enfasi, il lirismo elegiaco di P. ha dato in quest'opera frutti melodicamente pregevoli. Il lavoro successivo, Il figliuol prodigo (1880) è, sul piano stilistico e strutturale, il più meditato di P., mentre Marion Delorme (1885) rivela l'accentuarsi di una vena quasi crepuscolare già presente nella Gioconda. P. scrisse ancora poca musica strumentale e, per il teatro, altre 3 opere, 1 operetta, 1 farsa e 2 balletti.