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In questo libro Francesco Filippi ripercorre la nostra storia coloniale, concentrandosi anche sulle conseguenze che ha avuto nella coscienza civile della nazione attraverso la propaganda, la letteratura e la cultura popolare. L'intento è sempre quello dichiarato nei suoi libri precedenti: fare i conti col nostro passato per comprendere meglio il nostro presente e costruire meglio il futuro.
«Il nuovo saggio di Francesco Filippi racconta la rimozione collettiva della sanguinaria occupazione italiana in Africa. E la "favola bella" che ci siamo raccontati: di aver agito per il bene degli occupati» - Maurizio Crosetti, Robinson
«Anche quando, all'interno del più ampio discorso postcoloniale, si identificano gli italiani come parte attiva dell'imperialismo bianco e violento, ci si trincera spesso dietro agli stessi argomenti pensati dagli invasori: di fronte alle brutalità dell'invasione bianca si obietta appunto che "però gli abbiamo costruito le strade...". Come se queste infrastrutture – peraltro all'epoca utili più agli occupanti che agli occupati – potessero compensare i massacri, la cancellazione di intere culture e la perdita di indipendenza di milioni di persone.»
Tra i molti temi che infiammano l'arena pubblica del nostro Paese ne manca uno, pesante come un macigno e gravido di conseguenze evidenti sulla nostra vita qui e ora. Quando in Italia si parla dell'eredità coloniale dell'Europa si punta spesso il dito sull'imperialismo della Gran Bretagna o su quello della Francia, ma si dimentica volentieri di citare il nostro, benché il colonialismo italiano sia stato probabilmente il fenomeno più di lunga durata della nostra storia nazionale. Ma è una storia che non amiamo ricordare. Iniziata nel 1882, con l'acquisto della baia di Assab, la presenza italiana d'oltremare è infatti formalmente terminata solo il primo luglio del 1960 con l'ultimo ammaina-bandiera a Mogadiscio. Si è trattato dunque di un fenomeno che ha interessato il nostro Paese per ottant'anni, coinvolgendo il regno d'Italia di epoca liberale, il ventennio fascista e un buon tratto della Repubblica nel dopoguerra, con chiare ricadute successive, fino a oggi. Eppure l'elaborazione collettiva del nostro passato coloniale stenta a decollare; quando il tema fa timidamente capolino nel discorso pubblico viene regolarmente edulcorato e ricompare subito l'eterno mito autoassolutorio degli italiani «brava gente», i colonizzatori «buoni», persino alieni al razzismo. Siamo quelli che in Africa hanno solo «costruito le strade». Se la ricerca storiografica ha bene indagato il fenomeno coloniale italiano, a livello di consapevolezza collettiva, invece, ben poco sappiamo delle nazioni che abbiamo conquistato con la forza e ancora meno delle atroci violenze che abbiamo usato nei loro confronti nell'arco di decenni.
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Uno dei libri peggiori sull'argomento. Per quanto Angelo del Boca, altro demonizzatore del colonialismo italiano, omettesse fatti e le sue ricerche fossero sempre orientate a screditare l'operato positivo degli Italiani, credo che Filippi, in questo libro, sia riuscito a fare addirittura di peggio. Questo libro lo sconsiglio fortemente: sarebbe meglio persino leggersi un libro di del Boca, che, per quanto fazioso e, spesso, manipolatore delle fonti, esprime gli stessi concetti di Filippi, ma in una maniera LEGGERMENTE più articolata. In ogni caso, il contenuto di questo nuovo libro di Filippi può essere facilmente smentito dagli articoli di Pierluigi Romeo di Colloredo, sull'argomento dei "crimini" italiani in Africa Orientale (pubblicati, qualche anno fa, sul Primato Nazionale); oppure, per i più esigenti, consiglio il libro "Bugie Coloniali" di Alberto Alpozzi. Se, invece, volete restare sulle vostre (pur in malafede) idee di "italiani crudeli conquistatori", vi consiglio "Italiani, brava gente?" di Angelo del Boca: afferma le stesse cose, sostanzialmente, del libro di Filippi, ma le articola in maniera decisamente migliore (pur essendo lontani anni luce da una visione imparziale del colonialismo italiano). La cosa migliore e più vicina all'obbiettività sarebbe quella di leggere un bel libro di Renzo de Felice, massimo storico del Fascismo, sugli anni '30, ovvero "Gli Anni del Consenso" (quarto volume della biografia defeliciana di Mussolini), in cui vengono trattati non solo gli anni della Guerra in Etiopia (e la Guerra in Libia), ma tutto il contesto precedente (Crisi del '29, decennale della Marcia, politica estera europea etc...). Le alternative a questo libro ci sono, e non sono poche. Buona giornata.
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