La letteratura francese contemporanea
La grande mutazione culturale e letteraria degli anni Ottanta del Novecento, non sempre riconoscibile al suo apparire per il nuovo e complesso intreccio fra tradizione, modernità e postmodernità, si dispiega con un’ampia ricchezza di percorsi, poetiche e strumenti nei primi anni del nuovo millennio. All’intensa produzione delle case editrici, e al sorgere di nuove riviste, si affianca lo spazio virtuale, senza frontiere, di internet, sempre più frequentato e animato da scrittori e poeti. Le pratiche di contaminazione tra generi e culture diverse producono nuovi linguaggi di comunicazione. Un segnale significativo di questa nuova condizione della letteratura è il grande sviluppo creativo del teatro, liberato – grazie alle esperienze innovative di Bernard-Marie Koltès, Didier-Georges Gabily e Jean-Luc Lagarce alla fine del Novecento – da un’antica contrapposizione ideologica fra un teatro sociale erede di Brecht e un teatro metafisico dell’assurdo. I nuovi autori – Ph. Minyana, D. Lemahieu, M. Deutsch, J.-P. Wenzel – affrontano con radicalità, in presa diretta, le questioni sociali e culturali del presente, riaffermando la centralità della parola e utilizzando i più diversi linguaggi della comunicazione artistica, dalla musica alla videoarte. I segni della contaminazione e della ricerca sono evidenti anche nell’attuale produzione letteraria di riconosciuti protagonisti del Novecento: Patrick Modiano – Premio Nobel per la Letteratura nel 2014 - nel 2005 passa all’autobiografia come terreno di erranza identitaria (Un pedigree), Claude Ollier in Catastrofe (2004) compie un nuovo viaggio nel mondo dei morti, nell’epoca della rimozione del tabù. Proseguono, in pieno sviluppo creativo, i percorsi di tanti recenti autori che hanno iniziato la loro ricerca nel corso della mutazione degli anni Ottanta: il radicale corpo a corpo di Antoine Volodine con gli stereotipi e i limiti della narrazione e del pensiero; la ricerca originale e sofisticata di René Belletto sulle relazioni pericolose tra fantastico e noir, e quella di Tonino Benacquista sulle risorse infinite di una realtà osservata con immaginazione, mentre Michel Houellebecq, politicamente scorretto, continua a decostruire, nella linea di Céline, miti e riti della civiltà occidentale.
Il métissage è proposto da Marie NDiaye (premio Goncourt nel 2009) come condizione di libertà. Procede l’attenzione femminista alle dinamiche interpersonali (Camille Laurens), mentre Marie Darrieussecq insiste a proporre la scrittura come pratica di costruzione del sé, senza censure.
I percorsi di ricerca della poesia sono apparentemente più segreti e rispettosi delle grandi lezioni dei maestri del Novecento e dei loro maggiori epigoni – Michel Deguy, Jacques Dupin, Bonnefoy – che continuano a esercitare una profonda influenza. Ma anche in questo caso sono mutate le condizioni del «fare poesia». Il «nuovo lirismo» di Benoît Conort cerca il cortocircuito tra la grande tradizione romantica europea e il vissuto quotidiano. Il «lirismo critico» di Jean-Michel Maulpoix rivendica e proietta in avanti la tradizione surrealista, depurata da stereotipi consunti.
Poliziesco, noir e polar godono di grande vitalità in Francia, come la trilogia di “noir mediterrano” del marsigliese Jean-Claude Izzo. Nello stesso filone anche i romanzi di Laurent Gaudé, Laurence Cossé, Antonin Varenne, Katherine Pancol (nata a Casablanca), Fred Vargas, Michel Bussi, Pierre Lemaitre (Premio Goncourt 2013). Nerissima è la produzione di Thierry Jonquet, il cui libro più noto, dal quale Pedro Almodóvar ha tratto il film La pelle che abito, è La tarantola.
Tra gli autori non di genere, ricordiamo Dominique Mainard, Eric-Emmanuel Schmitt, narratore della Parigi multietnica in Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, Gilles Leroy. Prix Femina a Jean Louis Fournier, scrittore e autore di serie televisive. Altro caso letterario in Francia è L'eleganza del riccio di Muriel Barbery, divertente ritratto della borghesia, ambientato in un palazzo parigino.
Erik Orsenna si segnala per la rivisitazione ironica e nostalgica dell'esotismo, Véronique Ovaldé per un certo richiamo al realismo magico, Emmanuel Carrère, capace di affrontare tematiche estremamente differenti nella sue opere, Nicolas Mathieu ed Hervé Le Tellier, entrambi vincitori del Goncourt. Chiudiamo con Jean Echenoz considerato dalla critica il maggior rappresentante del postmodernismo francese e uno dei massimi autori della contemporaneità.
La letteratura francese dell'ultimo Novecento
Agli inizi degli anni Ottanta si manifesta una profonda mutazione estetica nella concezione della letteratura e nelle pratiche letterarie. Portano segni di rinnovamento, nelle più diverse piste di ricerca, le stesse opere degli ultimi protagonisti del Novecento, da Alain Robbe-Grillet a Nathalie Serraute, da Claude Simon (Premio Nobel per la letteratura nel 1985) a Marguerite Duras. Sono declinate in un modo assolutamente nuovo, apparentemente disordinato e confuso, le relazioni tra «scrittura» e contemporaneità. Si incontrano, in una sorta di ipertesto sempre più complesso, percorsi filosofici ed estetici maturati all’interno dell’onda lunga del ’68 – la critica della cultura di Michel Foucault, la critica sociologica di Pierre Bourdieu, l’attenzione femminista alle pratiche del sé, il situazionismo di Guy Debord, il nomadismo di Gilles Deleuze e Félix Guattari, il postmoderno di Jean-François Lyotard – e le suggestioni di una nuova centralità della sfera individuale a confronto con le mutate condizioni della società mediatica attraversata dai fenomeni della globalizzazione e dalle opportunità delle nuove tecnologie.
Alla mistica strutturalistica e formalistica della «scrittura» viene opposto un nuovo gusto della narrazione, della ricerca di nuovi linguaggi di comunicazione, di nuove strategie della creazione letteraria. Come sempre in Francia, l’innovazione e la ricerca non dimenticano mai il ricco retroterra di una tradizione filosoficamente, linguisticamente e letterariamente complessa e plurale, che costituisce un punto di riferimento obbligato e stimolante, un punto di partenza per nuovi viaggi. L’ideologia della postmodernità non produce le derive di un bricolage ostile al senso, al tempo e alla Storia, anzi sembra reintrodurre – in tutti i generi letterari – la nozione di impegno e di confronto critico con la società, la cultura, i mondi. Diverse e molteplici sono le modalità dell’attuale impegno nei confronti del consumismo e dei nuovi riti massmediatici (Frédéric Beigbeder; Martin Page), del razzismo (Bernard-Marie Koltès), dei cosiddetti valori occidentali (Michel Houellebecq), dei tradizionali tabù della morte (Philippe Forest), della guerra (Patrick Modiano), del sesso (Catherine Millet), con una forte ripresa delle tematiche della soggettività: nei percorsi dell’autobiografia declinata in numerosi registri (dalla autofiction di Serge Doubrovsky e di Duras, alla nouvelle autobiographie di Robbe-Grillet e Sarraute, alla égolittérature di Forest), del realismo di Annie Ernaux, Premio Nobel per la letteratura nel 2022; Camille Laurens; Emmanuèle Bernheim, e della critica sociale (Daniel Picouly, Tonino Benacquista). Tema comune e trasversale ai diversi generi, dal romanzo al teatro alla poesia, è una forte attenzione alla storia e alla storicità, terreni di indagine e creazione letteraria ma anche di attraversamento della complessità, diacronico e sincronico: acquista una nuova credibilità un genere da tempo in disuso, quello del romanzo storico-biografico (Pierre Michon). Ma il segnale più significativo del profondo cambiamento in atto della scena letteraria francese alla fine del secolo è il moltiplicarsi di esperienze di contaminazione linguistica e tematica tra generi che avevano tutto sommato rispettato i canoni della tradizione: il genere popolare della narrazione poliziesca, con i suoi stereotipi popolari già trattati letterariamente da Boris Vian e Georges Simenon, si apre a nuove relazioni con la contemporaneità (Fred Vargas), con la politica (Jean-Patrick Manchette), mentre dal nuovo incontro tra fantascienza e pensiero critico nascono originali e travolgenti macchine narrative (Jean-Christophe Grangé). Un ritorno al genere romanzesco in senso forte, sia pure «contaminato» e rivisitato, sembra invece suggerito dalle originali cifre stilistiche di Jean Echenoz e di Daniel Pennac.