(Padova ? 25 ca - Campania 101 d.C.) poeta latino. Ebbe fama di uomo di legge; fu console nel 68, poi partigiano di Vitellio e nel 77 amministratore della provincia di Asia. In seguito si ritirò dalla vita politica e condusse con numerosi amici una elegante esistenza fra libri e opere d’arte a Roma e in Campania. Ammiratore della letteratura latina classica, si curò personalmente di far restaurare la tomba di Virgilio a Napoli. Professò opinioni stoiche, e da stoico morì di inedia per abbreviare il decorso di una malattia incurabile. Di lui ci è giunto il poema epico Punica in 17 libri (12.200 versi) sulla seconda guerra punica. S. rispetta scrupolosamente, nella trattazione del suo argomento, l’ordine di successione storica degli avvenimenti, anche se la sua opera non si può ridurre a una semplice versificazione del materiale storico raccolto ed esposto da Tito Livio. Tra le fonti erudite di S. furono Varrone, Posidonio e Igino; fra le poetiche Ennio, Virgilio e Lucano. Benché scritto «più con scrupolo che con ingegno», come osservò Plinio il Giovane, l’argomento trattato e l’esaltazione di Scipione e della potenza romana contribuirono alla diffusione del poema in epoca antica e alla sua conservazione fino ai nostri giorni. La critica moderna ha giudicato severamente la macchinosità dell’opera, l’eccesso di discorsi retorici, la scarsa poeticità.