(Tuscolo 234 - Roma 149 a.C.) uomo politico e scrittore latino. Si segnalò in tutta la carriera politica per il rigore morale e la difesa della tradizione culturale italica contro le tendenze filoellenistiche, facenti capo a Scipione l’Africano e al suo circolo e connesse a una politica che comportava profonde modificazioni nella società romana. C. si schierò in senato dalla parte dei conservatori, preoccupati di non alterare l’orientamento italico dell’impero nascente e l’equilibrio di potere dei gruppi dirigenti. Ciò gli valse la censura nel 184. Il suo talento letterario (che gli consentì anche di scoprire il poeta Ennio in Sardegna) si è dispiegato in una vasta attività di scrittore. Cicerone conosceva più di 150 orazioni di C.; di 80 ci restano dei frammenti. Possediamo frammenti anche della sua opera storica, le Origines, in 7 libri, attenta alle tradizioni delle città italiche. Ci è giunto per intero il solo De agricultura, trattato che contrapponeva il modello del podere di medie dimensioni al nascente latifondo. Per provvedere all’educazione del figlio, contro la moda grecizzante, scrisse i Libri ad Marcum filium, e affidò i suoi principi morali a un libro di sentenze, il Carmen de moribus. I Dicta Catonis (o Disticha), raccolta di massime morali popolarissima nel medioevo, risalgono all’età imperiale.