Nato a Ferrara il 19 agosto 1932 (e poi cresciuto a Bergamo), nei primi anni Cinquanta è fra i redattori della rivista mensile "Per l'azione", un organo dei giovani della Dc. Nel 1955, esce un altro periodico democristiano di sinistra, "Il Ribelle e il Conformista", di cui Magri è direttore con Carlo Leidi. Lì utilizza lo pseudonimo Cesare Colombi. In seguito entra nella redazione della rivista, "Il Dibattito politico", che, legata all'orbita ideologica di Franco Rodano, è diretta da Mario Melloni, con condirettore Ugo Bartesaghi. Tra i redattori: Chiarante, Ugo Baduel, Giorgio Bachelet, Edoardo Salzano e altri. Programma dichiarato è "la ricerca delle necessità che sollecitano il mondo cattolico e quello comunista al dialogo". «Potrà un simile progetto attuarsi dentro la DC?. Magri e gli altri sono i primi a dubitarne. La diaspora verso "la sinistra storica" è nei fatti. La "vita democristiana" di Lucio Magri è stata breve e intensa: più lunghi saranno il tragitto verso il Pci e poi la permanenza in quel partito.» Nell'estate del '58, Giorgio Amendola, responsabile dell'organizzazione, lo riceve nel suo studio a Botteghe Oscure. Magri torna a Bergamo per fare esperienza sul campo, diventando prima segretario cittadino, e, due anni dopo, vicesegretario regionale. Poco più tardi è di nuovo a Roma per lavorare nell'ufficio studi economici.
Lo aiuta l'amicizia della Rossana Rossanda. In casa di Alfredo Reichlin conosce Enrico Berlinguer.
«Nel Pci si discuteva tanto. Fra i temi, il trauma causato dal XX Congresso, l'avvento di Krusciov. Non fu occasionale l'accoglienza che a Magri riservò il settimanale "Il Contemporaneo", diretto da Salinari e Trombadori, pubblicandogli vari pezzi polemici. Col tempo, nella galassia degli ingraiani più fattivi, il nome di Magri divenne di casa.»
Il 23 giugno 1969 arriva in edicola la rivista "Il Manifesto", che subito appare un caso esemplare di eresia politica. Stampata a Bari dalla casa editrice Dedalo e diretta da Magri e Rossanda, conta tra i promotori Luigi Pintor, Aldo Natoli, Massimo Caprara, Luciana Castellina, Valentino Parlato.
«Ma che cosa c'è scritto nella rivista-scandalo, il cui primo numero ha venduto 50 mila copie? Si riserva un devoto rilievo alla "rivoluzione culturale" cinese. Si biasimano certi anticipi di "compromesso" fra Pci e Dc. Sotto il titolo "Praga è sola", si tesse un elogio della "primavera" di quella capitale, che Mosca ha represso. A Magri e Rossanda venne rivolto un vano invito a ritrattare. Una Comissione, detta "la Quinta", presieduta da Alessandro Natta, delibera la soppressione della rivista, ma la decisione viene delegata al Comitato centrale, dove Rossanda difende con dignità le posizioni del Manifesto. Alla fine, lo stesso Comitato centrale delibererà - è ormai il novembre '69 - la "radiazione" dal Pci della stessa Rossanda, di Pintor e Natoli. Pene equivalenti vengono comminate a Caprara, Castellina e Parlato. Un analogo "provvedimento amministrativo" è applicato ai danni del "ferratissimo" Magri.
Fine anni Cinquanta: fuori dalla Dc. Fine anni Sessanta: fuori dal Pci. Nel settembre del 1977, sul Manifesto, attacca Berlinguer per la sua decisione di reprimere chiunque si collochi alla sinistra del Pci, e questa sua protesta trova l'appoggio di Norberto Bobbio (è Giuseppe Fiori a ricordare l'episodio nella sua biografia del leader sardo). Alla sinistra del Pci, egli di fatto era collocato, avendo assunto la segreteria del Pdup, partito di unità proletaria, con il quale il gruppo del Manifesto s'era fuso. Nel 1984 lo si ritrova daccapo nel Pci, quando il Pdup vi confluisce, fino alla finale dissoluzione del Pci: Rimini, febbraio 1991. La scena mostra la patetica assise nella quale per pochi voti Achille Occhetto non viene eletto segretario del partito che subentrerà al Pci (vi sarà reintegrato poco più tardi). Chi era presente in quell'occasione conserva un'immagine di Lucio Magri. Lo ricorda in piedi, mentre, apprendendo l'esito delle votazioni, agita il pugno chiuso e scandisce un antico slogan: "Viva Marx, viva Lenin, viva Mao Tse-tung!".»
Parzialmente tratto dall'articolo di Nello Aiello apparso su La Repubblica il 29 novembre 2011
Una depressione incurabile seguita prima al fallimento politico e poi alla scomparsa dell'amata moglie Mara (sentimentalmente era stato legato anche a Luciana Castellina e Marta Marzotto), ha portato Magri a scegliere il suicidio assistito in Svizzera, avvenuto il 28 novembre 2011.
Per il Saggiatore è uscito nel 2009 il suo libro Il sarto di Ulm, una possibile storia del PCI, ripubblicato nel 2011 da il Saggiatore Tascabili.