André Gide è stato uno scrittore francese. Nato da una facoltosa famiglia di tradizioni ugonotte, figlio unico, presto orfano di padre, ricevette dalla madre una rigida educazione puritana. Nel 1893 compì il primo dei suoi viaggi in Nordafrica. Nel 1895 gli morì la madre e G. sposò la cugina Madeleine Rondeaux, cui era legato fin dall’infanzia da un intenso rapporto spirituale. Nel 1908, con Copeau, Ghéon, Schlumberger e altri (più tardi si aggiungerà J. Rivière), fondò la «Nouvelle Revue Française», che nel periodo tra le due guerre diventerà la più prestigiosa rivista letteraria europea. Nel 1924, nel racconto Corydon (già circolato confidenzialmente nel 1911) confessò pubblicamente la sua omosessualità. Con il viaggio al Congo (1925-26) iniziò la sua presa di coscienza politica, che lo portò nel 1932 ad aderire al comunismo, un comunismo peraltro più cristianeggiante che marxista (non si iscriverà mai al PCF). Nel 1935 presiedette, con Malraux, il I Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura, cui parteciparono le più note personalità della cultura antifascista. Nel 1936, dopo un viaggio in URSS, ruppe col comunismo. Nel 1947 ricevette il premio Nobel. Le opere Le prime opere di G. sono influenzate dalla scuola simbolista (Mallarmé e Valéry). I nutrimenti terrestri (Les nourritures terrestres, 1897), una via di mezzo tra il poema in prosa e il trattato, è un inno a quello stato esistenziale di «disponibilità» in cui le gioie dei sensi e il fervore spirituale diventano la stessa cosa. L’immoralista (L’immoraliste, 1902) e La porta stretta (La porte étroite, 1909) sono due romanzi di ammirevole fattura stilistica che affrontano, da punti di vista differenti, lo stesso problema. Nel primo, l’esigenza di autorealizzazione di Michel, il suo nietzschismo, finiscono per uccidere la giovane moglie; nel secondo, Alissa percorre l’opposta strada della rinuncia e dell’ascesi spirituale fino ad annullarsi nella morte. La contraddizione tra le due opere rispecchia esemplarmente il conflitto interiore di G., e il loro senso finale sembra essere che tanto l’immoralismo quanto la virtù conducono alla dannazione dell’aridità. Ne I sotterranei del Vaticano (Les caves du Vatican, 1914) la tematica delle opere precedenti viene sviluppata e sottoposta a un radicale trattamento ironico, che costituisce la grande originalità del libro. Il romanzo è anche importante per la sua polemica anticattolica (riflesso della rottura con Claudel) e soprattutto per il tema (di derivazione dostoevskiana) dell’«atto gratuito» compiuto da Lafcadio, il personaggio più affascinante di tutta l’opera di G. Tra il 1920 e il 1924 escono le sue Memorie, Se il grano non muore (Si le grain ne meurt...), importante scritto esplicitamente autobiografico sull’infanzia e la giovinezza di G., e nel 1925 I falsari (Les faux-monnayeurs), l’unico suo libro che G. abbia classificato come «romanzo», certamente la sua opera narrativa più complessa. Viaggio al Congo (Voyage au Congo, 1927) e Ritorno dal Ciad (Le retour du Tchad, 1928) contengono una forte denuncia dello sfruttamento colonialista. Ritorno dall’URSS (Retour de l’URSS, 1936) motiva la sua rottura col comunismo. Nel 1939 esce il Diario (Journal) riferentesi agli anni dal 1889 al 1939, che G. continuerà a tenere fino alla morte e che la critica più avvertita considera il suo capolavoro «narrativo»; comunque è un’opera fondamentale per la conoscenza e dell’autore e di cinquant’anni di storia culturale francese ed europea. Tra le altre opere: I quaderni di André Walter (Les cahiers d’André Walter, 1891), Paludi (Paludes, 1895), Il ritorno del figliuol prodigo (Le retour de l’enfant prodigue, 1907), La sinfonia pastorale (La symphonie pastorale, 1919), La scuola delle mogli (L’école des femmes, 1929). Da ricordare inoltre le opere teatrali Saül (1904), Oedipe (1930), Perséphone (1934) e Thésée (1946), e tra le opere saggistiche, Dostoevskij (1923) e Pagine d’autunno (Feuillets d’automne, 1949). Sincerità e ambiguità in Gide Ultimo, forse, dei prosatori francesi fedeli a un ideale di scrittura limpida, raziocinante, «cartesiana», G. è stato uno degli scrittori più rappresentativi e influenti del Novecento europeo, non solo per il valore artistico della sua opera e per il suo contributo all’evoluzione-dissoluzione delle forme letterarie (soprattutto con i romanzi I sotterranei del Vaticano e I falsari), ma anche per le sue posizioni in materia morale e politica, che hanno influenzato fortemente la cultura e il costume contemporanei. Noto fino alla prima guerra mondiale soprattutto nell’ambiente letterario, è poi diventato il maestro di due generazioni, quella che si espresse nel movimento surrealista e quella «esistenzialista». La sua rivolta contro l’ipocrisia cattolico-borghese, in particolare contro l’istituto della famiglia, non sboccò mai nel vitalismo o nell’irrazionalismo. Il suo impulso alla confessione, la sua aspirazione alla sincerità sono una variante laica dell’etica protestante. Le sue opere più mature sono anche le più problematiche, e G. saggiamente rinuncerà alla fine a risolvere le sue contraddizioni, optando per l’ambiguità. Ma nel suo lavoro di autoanalisi, nella strenua esplorazione degli spazi segreti dell’io, nel suo sforzo di far coesistere etica e istinti, G. è riuscito a illuminare ampie zone della natura umana. Anche se dopo la sua morte si è verificato un netto calo d’interesse da parte della critica e del pubblico, è indubbio che le attuali correnti di pensiero antiautoritarie hanno avuto in G. uno dei più geniali e coraggiosi profeti.
Fonte immagine: il Libraio