Samuel Langhorne Clemens
VITA SUL MISSISSIPPI. Trascorse i primi anni della sua vita a Hannibal, sulle rive del Mississippi, che tanta parte riveste nell’immaginario americano e che tanto rappresentò nell’esistenza e nell’arte dello stesso Twain. Dopo un primo brusco ingresso nel mondo del lavoro come tipografo dodicenne, fu apprendista pilota lungo il fiume sul battello «Alex Scott», (1857-61) e dal linguaggio del fiume derivò il proprio pseudonimo («mark twain», cioè «marca due», è un’espressione gergale per segnalare che la profondità dell’acqua è di due braccia). A questa prima tra le sue molte esperienze vissute fino in fondo seguì una breve parentesi militare all’inizio della guerra civile. Ma già l’anno seguente, nel 1862, Twain iniziò, insieme al fratello Orion, la serie dei viaggi che avrebbero contribuito a fare di lui uno dei conferenzieri e retori più richiesti e applauditi del suo tempo. Dopo l’avventura di minatore e cercatore d’oro nel Nevada, Twain diede inizio ufficialmente alla sua carriera di giornalista che l’avrebbe portato a passare agilmente da un quotidiano a un altro e, come inviato speciale, da un continente a un altro, dalla Polinesia alle isole Sandwich, all’Italia, alla Germania, e quasi all’Europa intera.
L’ESORDIO LETTERARIO. Dopo l’esordio di scrittore con il racconto umoristico La famosa rana saltatrice della contea di Calaveras (The celebrated jumping frog of Calaveras county, 1865), Twain si mostra audace manipolatore della tradizione orale della «frontiera», capace di trasferire sulla pagina scritta gli umori della tall tale («vanteria»), eccessiva e ribalda. Ma si consolida anche, con Gli innocenti all’estero (The innocents abroad, 1869), la sua qualità di caricaturista sottile, che riesce con pochi tratti decisi a fornire uno spaccato dei luoghi comuni dell’americanità del tempo: la fiducia nell’avvenire, lo strenuo ottimismo, la ricchezza come unico valore sul quale costruire, con innocenza tutta puritana. Nel 1870 si sposa con Olivia Langdon (l’adorata Livy, implacabile nel censurare le trasgressioni verbali dello scrittore) e si stabilisce a Hartford, nel Connecticut, per dimorarvi, tuttavia, solo nei rari momenti di sosta tra un giro e l’altro di conferenze.
TOM SAWYER E HUCK FINN TRA MODELLO PICARESCO E PERCORSO INIZIATICO. Twain aveva già incontrato, a quell’epoca, scrittori e intellettuali come Bret Harte e W.D. Howells che avevano contribuito a confermarlo nelle sue scelte e ad affinarlo. L’età dell’oro (The gilded age, 1873), storia delle insensate speculazioni di un impudente colonnello sullo sfondo di una Washington dominata dall’intrigo e dalla corruzione, è forse il romanzo di Twain che più rivela l’impronta di Howells. Ha inizio, immediatamente dopo, la grande stagione del realismo twainiano, che troverà espressione in due tra i suoi più famosi romanzi, Le avventure di Tom Sawyer (The adventures of Tom Sawyer, 1876) e Le avventure di Huckleberry Finn (The adventures of Huckleberry Finn, 1884): vi si narrano, come vuole il titolo, le picaresche vicende di due ragazzi alle prese con i problemi giocosi o drammatici della loro età, e con le ansie profonde che sono anche quelle della nazione americana, attanagliata da problemi razziali, dall’incombere di un’assurda guerra civile, da laceranti divisioni di classe. E tali avventure, in particolare quelle di Huckleberry Finn, che sfugge ai rischi della civiltà e dell’«educazione» per affrontare la discesa lungo il fiume a bordo di un zattera con lo schiavo fuggiasco Jim, trascendono il modello picaresco per farsi quest e iniziazione, vissuta all’ombra di quel grande padre totemico che è il Mississippi.
LA NUOVA LINGUA LETTERARIA AMERICANA. Analogamente il «parlato» di Huck e tutto il prodigioso intreccio dei dialetti usati dagli altri personaggi (da Jim ai due impostori, il Duca e il Delfino, intrusi a bordo della zattera) si configurano come nuova lingua letteraria americana, specchio delle diverse sensibilità, età, condizioni sociali, di quell’America che ancora non aveva trovato espressione nella scrittura. Negli anni seguenti Twain sembra dividersi tra le sue varie figure di narratore: in Seguendo l’equatore (Following the equator, 1897) continua la sua primigenia vocazione di straordinario cronista, intrapresa con Vita sul Mississippi (Life on the Mississippi, 1883), in Uno yankee del Connecticut alla corte di Re Artù (A Connecticut yankee in King Arthur’s court, 1889) si proietta all’indietro – come in un orwelliano 1984 alla rovescia – in un mondo medievale, che, malgrado contraddizioni e conflitti, conserva principi etici che l’America fin-de-siècle sembra aver dimenticato. Gli ultimi romanzi di Twain, Wilson lo zuccone (Pudd’n head Wilson, 1894), L’uomo che corruppe Hadleyburg (The man that corrupted Hadleyburg, 1900) e il postumo e incompiuto Lo straniero misterioso (The mysterious stranger, 1916), scritti in anni segnati profondamente da tragici eventi familiari, rivelano apertamente quei sintomi di disagio, e quasi di alienazione, che già si muovevano nella coscienza dei grandi personaggi di Twain, dal ribelle Huck al saggio Jim. Artista lucidissimo, Twain ha saputo fare del modello picaresco uno strumento audace di analisi sociale, e della lingua americana, usata senza alcuna reticenza (quindi dello slang, del dialetto, del «parlato»), il grande filo unificatore che da E.A. Poe e H. Melville giunge, grazie a lui, fino a E. Hemingway.