Pseudonimo di Ettore Schmitz.
Di famiglia ebraica per parte di madre, e di padre tedesco, compì gli studi medi in Baviera; nel 1879 si iscrisse all'Istituto superiore di commercio di Trieste, ma l'anno seguente, per problemi economici familiari, dovette trovare un impiego in una banca, dove lavorò per vent'anni. Fu questo anche il periodo del suo apprendistato letterario: cimentatesi in articoli, abbozzi di racconti, pagine autobiografiche, nel 1890 fece uscire a puntate, su «L'Indipendente», la sua novella 'L’ assassinio di via Belpoggio'.
Nel 1892 pubblicò il suo primo romanzo, 'Una vita'. Nonostante la già evidente abilità del narratore, il romanzo passò inosservato; identica sorte toccò sei anni dopo al suo secondo libro 'Senilità' (1898), storia dell'amore di un non più giovane letterato per la sfuggente Angiolina.
Seguì a queste delusioni un lungo periodo di silenzio.
Dopo essersi sposato con Livia Veneziani e aver avuto un figlio, nel 1899 entrò come socio nella ditta commerciale del suocero, della quale assunse in seguito la direzione. Per ragioni di lavoro risiedette in Inghilterra, Francia e Germania.
Fu questa una fase di quasi totale rimozione della letteratura.
Nel 1905 conobbe J. Joyce (che a Trieste viveva facendo l'insegnante d'inglese). Solo nel 1923 pubblicò un'altra opera, il romanzo 'La coscienza di Zeno', che Joyce fece conoscere al famoso scrittore e critico V. Larbaud e che nel 1925 venne favorevolmente recensito da Eugenio Montale sul periodico «L'Esame». Del 1927 la novella 'Vino generoso' e del 1928 la raccolta di racconti 'Una burla riuscita'. Proprio nel 1928 Svevo moriva per un incidente automobilistico.
Postumi: 1930 'La novella del buon vecchio e della bella fanciulla'; 1949 le novelle 'Corto viaggio sentimentale'; 1954 un volume di Saggi e pagine sparse; 1960 le Commedie, sei testi (tra cui è da ricordare soprattutto 'Il marito').
La cultura di Svevo poggia sulla conoscenza dei classici italiani, tedeschi, francesi, ma anche sulla dimestichezza con la filosofia di Schopenhauer e soprattutto, sulla "frequentazione” del pensiero di Freud.
Nell'ambito dela letteratura italiana l'opera di Svevo segna il trapasso dal verismo a una nuova visione e descrizione del reale, più analitica e introversa, svincolata da certe «cristallizzazioni» tradizionalmente presenti nella narrativa, quali il personaggio, le ordinate categorie temporali, l'univocità degli eventi.
I dati realistici vengono usati sempre più come specchi per chiarire i complessi e contraddittori moti della coscienza.
Al centro delle proprie storie Svevo pone pur sempre un solo personaggio (al quale gli altri fan da coro, per lo più antagonista): un individuo abulico e infelice, incapace di affrontare la realtà e che a essa costantemente soccombe, ma che nello stesso tempo tenta di nascondere a se stesso la propria inettitudine, sognando evasioni, cercando diversivi, giustificazioni e compensi.
L'opera di Svevo è stata di volta in volta avvicinata (non senza ragione) a quella di Proust, Joyce, Kafka, Musil, Pirandello, e costituisce uno dei momenti più importanti della letteratura europea del Novecento.
Parzialmente tratta da: Enciclopedia della Letteratura Garzanti