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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2020
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Un romanzo breve o un racconto lungo, se si vuole essere pignoli nell’attribuire un’etichetta a questo libro e se si pensa che abbia importanza farlo e che possa fare la differenza. Per me non è fondamentale definire con precisione il genere di scritto, di conseguenza non fa neppure alcuna differenza. Per entrare invece nel vivo, dirò che, a lettura avviata, ho provato un certo fastidio per l’eccessivo - a mio parere - indugiare sui dettagli, spesso anche ripetuti, dello spazio “insolito” in cui si trova la protagonista, la giovane cameriera Jane Fairchild, insolito perché a lei precluso per ruolo e condizione sociale. Poi, però, ho provato ad immedesimarmi in lei, e ho fatto mia la sua curiosità vorace nel voler scoprire, toccare tutto ciò che la circonda, in quella che, consapevolmente, sa essere la prima e unica volta in cui potrá farlo, e il fastidio è andato via via diminuendo; fino a una frase buttata lì, che ha sparigliato le carte e aperto nuovi scenari, creato una diversa prospettiva. Ecco, è a questo punto che, per me, lo scrittore tradisce il lettore. Perché la narrazione procede su tutt’altro binario, diventa discontinua, e mi son ritrovata spesso a chiedermi se fosse una riflessione metaletteraria nel caso migliore, una divagazione ben poco significativa e non consequenziale nel caso peggiore; tanto da indurmi a pensare che, nonostante la brevità del libro, un ulteriore taglio di pagine gli avrebbe giovato. Quanto poi alla carica erotica presente nel romanzo e sottolineata da alcuni critici, di certo non si può negare la sensualità - o sessualità? - di alcune descrizioni, tanto particolareggiate quanto realistiche; e questo realismo mi è apparso più, se mi si passa il termine, pragmatico che erotico. Quindi, in una perfetta circolarità, chiudo così come ho cominciato: mah!
Questo è uno di quei libri che sicuramente porterò con me, nella valigia degli evergreen accanto alla Gita al faro di Virginia Woolf,è da leggere e rileggere, quando, acquietate dalla trama, sorbiremo ogni singola parola godendola. Perchè è così, ogni inciso, anticipazione, osservazione, domanda e riflessione porta con sè echi della migliore inglesità, sense of humour con una vena di malinconia. E vedo Jane correre al suo appuntamento, entrando dalla porta principale - prima e unica volta - come una specie di dichiarazione pubblica di una relazione di lunga data,iniziata quando il ruolo dei due era così disuguale per diventare, nella sua camera da letto, la quieta uguaglianza vissuta nella nudità. Quell'uguaglianza di cui diventa consapevole girando per casa, indulgendo sulle cose e ripensando che Paul non voleva tanto andarsene via di fretta.Una storia senza parole d'amore che utilizza tanti segni aperti che lasciano al lettore la possibilità di integrare meravigliosamente e farlo suo.Concentrato sapientemente in 139 pagine.
Un capolavoro? Spesso si abusa di termini di questo tipo, certo è che non leggevo da tempo un romanzo così perfetto nella struttura, nella lingua e nella storia. Quale storia? Quale amore? Ecco, il romanzo per me sta tutto o quasi in questa domanda. Eros e Thanatos, funzione e realtà, apparenza e verità. Il libro è breve e vale la pena rileggerlo per trovarci ogni volta un romanzo nuovo. A cominciare da quelle tre parole citate nella prima pagina bianca che contengono, di fatto, l’intero romanzo e che sicuramente tutti riconoscerete. Non soffermarsi troppo sui nomi delle cose, che sono puri accidenti, per andare a cercare il cuore più vero delle cose, modulando le espressioni nostre su di esso. Tra le tante scene che Jane vive, ha vissuto, avrebbe potuto vivere, c'è la sua passione per Joseph Conrad, il cui Cuore di Tenebra sembra uscito da casa Nietzsche e racchiude tutto l’Ottocento: mi pare che Graham Swift sia quasi profondo quanto lui. Ma senza la drammaticità. Perché Un giorno di festa è storia di rinascita e di vittoria, nonostante tutto e su tutto. Una grande gioia è leggere questo romanzo, davvero.
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