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Recensioni Gente indipendente

Gente indipendente di Halldór Laxness
Recensioni: 5/5

«Tutti i dossi del podere salteranno fino in cielo e tutti i pantani sprofonderanno all'inferno prima che io rinunci ai miei diritti e alla mia indipendenza.»

«Era un re nel proprio regno»: ora che Bjartur ha comprato la sua terra dopo diciotto anni di umiliante lavoro per i ricchi vicini, ha vinto la prima battaglia della sua guerra d'indipendenza. Non importa se il suo podere di Sumarhus di solare non ha che il nome, se c'è più acqua che erba, se il suo cane è pulcioso, le pecore minacciate dai vermi, la moglie forse incinta di un altro, non importa se gli spiriti imperversano nella sua valle e la sua casupola di torba sorge sulle rovine delle fattorie distrutte da una strega: Bjartur non ha altri padroni che se stesso, ed è pronto a sfidare tutti i poteri, naturali e sovrannaturali, per liberarsi dai debiti e difendere la sua libertà. Cent'anni di solitudine in Islanda: l'epopea di un uomo e della sua famiglia che è la storia di un popolo all'inizio del xx secolo, ma in una realtà senza tempo, dove la natura e la magia hanno lo stesso potere malefico, a meno che non siano la stessa cosa, dove gli elfi vivono nascosti nelle rocce, più felici degli umani, un mondo così isolato da sembrare l'unico esistente: perfino Reykjavík non è che un mitico sud dove vivono i ricchi, il resto sono solo paesi di sogno al di là dell'oceano in cui alcuni spariscono, come l'America, dove si può diventare quel che si vuole, ma che è più lontana della morte. Un tragicomico don Chisciotte, rozzo e poeta, crudele e commovente, grandioso e risibile, che ha per modelli gli eroi delle saghe per combattere contro gli elementi e la fame, ma anche le cooperative, le banche, i politici, la modernità, l'inesorabile trasformazione di un mondo dove la sua epica lotta è forse solo la follia di un uomo pronto a sacrificare mogli, figli, anima e sentimenti per un monomaniacale sogno di libertà. Finché, novello Giobbe, non arriva a capire qual è quel «fiore della vita» per cui vale davvero la pena di vivere.

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