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Da appassionata di Tracy Chevalier (possiedo tutti i suoi romanzi) non ho trovato "I frutti del vento" all'altezza dei suoi precedenti lavori. Come di consueto ha un fondamento storico e traccia un quadro sociale ben preciso dei coloni che, spinti dai loro sogni e dalle loro irrefrenabili ambizioni, tentavano nei primi del XIX secolo di piantare nelle mefitiche paludi dell'Ohio frutteti di almeno 50 alberi che avrebbero consentito loro di possedere la terra. Dopo il drammatico fallimento del gruppo familiare la storia seguirà due dei figli superstiti fino a quando non si ricongiungeranno nelle foreste di sequoie; ma anche lì non verrano loro risparmiate difficoltà e morte E' un tema affascinante ma trattato con insolita rudezza e violenza, specialmente nella prima parte della storia, per un'autrice che ha lasciato sempre spazio nelle sue precedenti opere ad ampi squarci di speranza come nell'"Ultima fuggitiva" che ho apprezzato molto per non parlare dell'atmosfera lirica e rarefatta di "Quando cadono gli angeli" o della "Vergine azzurra". Sempre assolutamente pregevole l'edizione di Neri Pozza.
La parte migliore di questo libro sta nella sinossi. Quindi, se appartenete a quella categoria di lettori che le sinossi non le prende neanche in considerazione, non le legge né prima di acquistare né dopo aver acquistato un libro, lasciate perdere: questo romanzo non fa per voi. I personaggi, purtroppo, sono pessimi sotto tutti i punti di vista. Innanzitutto, sono mal descritti, al punto che spesso si fa confusione e non si riesce a collegare immediatamente un nome ad uno dei protagonisti. Coloro su cui la storia prevalentemente verte, quindi James, Sadie e due dei dieci figli, Robert e Martha, sono assolutamente vacui. James è un uomo taciturno, remissivo nei confronti di una moglie prepotente, egoista, vanesia e che, spesso, viene solo voglia di prendere a sberle. I due, che dovrebbero essere le colonne portanti su cui la famiglia si posa, risultano essere, invece, solo un peso per i figli e anche per la storia in sé. L'unica cosa che salva questo romanzo è, senza dubbio, l'inconfondibile stile di un'autrice che, bisogna ammetterlo, è riuscita a farsi amare molto di più in altre sue storie.
Non è un capolavoro come "La ragazza con l'orecchino di perla" nè deludente come "La vergine azzurra", però questo libro mi è veramente piaciuto e ha contribuito a far entrare definitivamente la bravissima Tracy Chevalier nella lista delle mie scrittrici preferite. Perchè la capacità di questa donna di descrivere le epoche passate e i personaggi (ben caratterizzati) che vivono in esse è a dir poco splendida. Assistiamo alla storia di due famiglie nell'Inghilerra agli inizi del Novecento, subito dopo la morte della regina Vittoria: i Coleman e i Waterhouse. Ed è in un cimitero (vero e proprio co-protagonista della storia) che s'incontrano Maude Coleman e Lavinia Waterhouse, due bambine molto diverse tra loro, ma che stringono immediatamente amicizia diventando inseparabili amiche del cuore.
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