Regista e sceneggiatore italiano. Cinefilo, studi umanistici alle spalle, inizia a lavorare nel mondo del cinema come montatore e documentarista. L’adesione al partito fascista (dettata dall’esclusivo interesse lavorativo e non da simpatia politica) gli consente di realizzare cortometraggi naturalistici per conto dell’Istituto Luce e di girare il suo primo film, commissionato dal tenente F. De Robertis del Ministero della Marina: La nave bianca (1941), sobrio documentario patriottico avulso dagli schemi retorici dell’epoca, che con i successivi Un pilota ritorna (1942) e L’uomo dalla croce (1943) costituisce la cosiddetta «trilogia del fascismo». Già in queste sue prime opere è possibile individuare le caratteristiche che rimarranno costanti in gran parte della sua produzione: l’attento rigore documentario, il montaggio lento, una mirabile capacità di cogliere e sintetizzare la realtà velandola di spoglia commozione, la durezza del finale narrativo che non ammette soluzioni conciliatorie, la visione tragica della vita, il sentimento di fratellanza universale ispirato a un umanitarismo forse un po’ troppo generico ma spontaneo. Nel 1945 esce Roma città aperta, realizzato in condizioni precarie (dall’utilizzo di pellicola scaduta e set di fortuna all’impiego di gente presa per strada) subito dopo la liberazione della capitale: ispirato alla vicenda reale di un prete della Resistenza romana, don Luigi Morosini, vince il Festival di Cannes e si impone come pellicola emblematica del neorealismo. Seguono Paisà (1946), film a episodi sulla geografia della liberazione d’Italia ispirato a un umanesimo che si nutre di una visione della vita tragica e asciutta, e Germania anno zero (1948, premiato al Festival di Locarno), lucido quadro della desolante situazione tedesca dopo il crollo dei miti hitleriani. Conclusasi la «trilogia della guerra» e superato il dolore per la morte del figlio Romano, il progressivo normalizzarsi della realtà del dopoguerra porta R. a nuovi interessi di carattere più strettamente psicologico che si concretizzano in una serie di film sulle inquietudini e sul disorientamento della borghesia, frutto del sodalizio artisticosentimentale con l’attrice I. Bergman. Stromboli terra di Dio (1949), Europa ’51 (1952) e Viaggio in Italia (1954) sono drammi psicologici di forte tensione in cui il regista tratteggia alcuni dei suoi più intensi ritratti femminili servendosi di una dimensione paesaggistica che segue gli angosciosi tracciati interiori dei personaggi. Fedele al suo motto di lasciare parlare i semplici fatti legati alla quotidianità, e sempre più attratto dalla dimensione spirituale, gira Francesco giullare di Dio (1950), costituito da undici episodi uniti dal tema della «santità» intesa come anticonformismo e ribellione ai limiti della follia, cui segue alcuni anni dopo Giovanna d’Arco al rogo (1954), incentrato sul contrasto tra l’individuo e la società, tipico della sua poetica. Dopo essere ritornato alle tematiche neorealiste con l’accurata ricostruzione di ambienti e di caratteri in Il generale Della Rovere (1959, Leone d’oro a Venezia), opera su commissione su soggetto di I. Montanelli, nel tentativo di cercare strade espressive lontane da quelle tradizionali nel 1958 parte per l’India. Il viaggio segnerà anche la prossima fine del suo percorso cinematografico (le ultime pellicole per il grande schermo sono deludenti e stanche ripetizioni dei successi precedenti) e il suo passaggio alla televisione, inaugurando il cosiddetto «periodo didascalico». Se già nelle ultime opere sono presenti procedimenti espressivi tipici della sua futura produzione televisiva – dall’attento studio dei rapporti tra sfondo e figure all’utilizzo dello zoom e dei carrelli, e dall’uso simbolico della scenografia all’illuminazione polivalente – gli anni ’60 sono all’insegna «del didatticismo come esigenza assoluta». Realizza così numerosi film-documentario di argomento storico per la televisione, tra cui Età del ferro (1964), Atti degli Apostoli (1968), Socrate (1970) e soprattutto La presa del potere da parte di Luigi XIV (1966), sobrio capolavoro di ricostruzione storica e analisi critica. Muore nel 1977 per un attacco di cuore. Penalizzato da diatribe ideologiche e da una produzione non sempre omogenea, resta uno dei più importanti autori della cinematografia italiana ed internazionale, capace di restituire al grande schermo la sua perduta capacità di raccontare e riprodurre le cose della vita. (dl)