titolo di una delle pochissime opere rimasteci della letteratura maya. In dialetto quiché ma in caratteri latini, il manoscritto fu scoperto a Chichicastenango, in Guatemala. Ricopiato e tradotto in spagnolo nei primi anni del sec. XVIII dal padre F. Ximénez, continuò a restare sconosciuto fino alla metà del sec. XIX, quando venne riedito, con la traduzione francese, da Brasseur de Bourbourg (1861). Di autore anonimo e composto probabilmente tra il 1554 e il 1558, ma costituito di materiali assai più antichi, il P.V. (o «Raccolta delle foglie scritte») è un’opera cosmogonica, e contiene elementi storici, leggendari, rituali e mitologici di grande interesse: la narrazione fa risalire l’origine dell’umanità alla necessità avvertita dagli dei di creare qualcuno che pronunci i loro nomi e fornisca loro il supporto di un culto; di qui una serie di tentativi, dapprima falliti, ma alla fine risoltisi felicemente nella creazione degli antenati dell’umanità attuale; la narrazione genealogica prosegue poi fino alle migrazioni dei quiché dal Tabasco al nord del Guatemala (sec. XI) e alle figure dei principali combattenti contro gli invasori spagnoli.