Nome d'arte di D. Jane K. Trimmer, attrice scozzese. Già attrice di teatro, esordisce nell'elegante commedia Il maggiore Barbara (1941, da G.B. Shaw) di G. Pascal, H. French e D. Lean. Un triplice ruolo in Duello a Berlino (1943), martoriata elegia dei valori romantici che inaugura il sodalizio M. Powell-E. Pressburger, ne fa un simbolo della bellezza britannica. Protagonista del melodramma in costume (Il castello del cappellaio, 1941, di L. Comfort) e dello spionaggio rosa (Agente nemico, 1946, di F. Launder), raggiunge la fama internazionale, ancora con la coppia Powell-Pressburger, nei panni severi di una suora armata di fede e determinazione (Narciso nero, 1947). Sotto contratto con la mgm, attraversa regie tiepide (I trafficanti, 1947, di J. Conway), anonime (Le miniere di re Salomone, 1950, di C. Bennett e A. Marton), tediose (Bagliori ad Oriente, 1951, di C. Vidor), finché il melodramma a sfondo bellico Da qui all'eternità (1953) di F. Zinnemann non ne scioglie l'algida aura britannica in una sensualità prorompente. Preziosa nel dramma in costume (Giulio Cesare, 1953, di J.L. Mankiewicz), alterna commedia (Tè e simpatia, 1956, di V. Minnelli) e musical (Il re ed io, 1956, di W. Lang) al genere sentimentale (Un amore splendido, 1957, di L. McCarey) e all'avventura (L'anima e la carne, 1957, di J. Huston). Dopo la leggerezza di L'erba del vicino è sempre più verde (1960) di S. Donen torna a produzioni inglesi nel segno del giallo (Suspense, 1961, di J. Clayton) e del dramma psicologico (Il giardino di gesso, 1964, di R. Neame). Ritrova negli Stati Uniti magnifiche prove drammatiche (La notte dell'iguana, 1964, di J. Huston) che segnano un nuovo apice (I temerari, 1969, di J. Frankenheimer) prima del ritiro dopo Il compromesso (1969) di E. Kazan. Torna al cinema quindici anni più tardi con Il giardino indiano (1985) di M. McMurray. Dopo sei nomination, riceve finalmente un Oscar alla carriera nel 1994.