Scrittore italiano. Giornalista, disegnatore e pittore, redattore e inviato del «Corriere della sera», è autore di una vasta produzione narrativa. Buzzati si definiva «un pittore prestato alla scrittura», affermava che «dipingere non è un hobby, ma il mestiere, semmai l’hobby è scrivere».
La famiglia, di origini bellunesi, apparteneva all'alta borghesia ed aveva una ricca tradizione culturale. Il padre, Giulio Cesare, era professore di diritto internazionale all'università di Pavia; la madre, Alba, era sorella dello scrittore Dino Mantovani, che si conquistò una certa fama nel secondo Ottocento.
Terminati gli studi liceali al Parini di Milano, Buzzati si laurea in giurisprudenza. D'estate e quando possibile, tra il Pelino e la Civetta, esplora ogni picco; le montagne dolomitiche fanno anche da sfondo al servizio di leva svolto come allievo ufficiale. Congedato, presenta domanda di assunzione come cronista al Corriere della sera. Entra al giornale il 9 luglio 1928. Poco ambizioso, metodico e puntuale, si occupa scrupolosamente di cronaca nera e gira per la città sostando immancabilmente in questura. Solo i primi successi letterari gli varranno come carte di credito per salire di grado nel quotidiano milanese. E lo scrittore dirà, convintissimo: "L'optimum del giornalista coincide con l'optimum della letteratura".
Nel frattempo Buzzati inizia a scrivere racconti. Rifiutata dalla Domenica del Corriere una storia alla Poe, illustrata da disegnini, scrive Barnabo delle montagne. Il testo, per la mediazione di C. Poggiali, capocronista al Corriere, viene proposto a Treves, che lo pubblica nel 1933. Presso lo stesso editore, esce poi Il segreto del bosco vecchio nel 1935.
Pubblica racconti su Omnibus e sulla Lettura e matura l'idea di un romanzo che sarà Il deserto dei Tartari. Termina l'opera nel 1939 e Leo Longanesi la inserisce nella collana da lui curata per Rizzoli. La storia fantastica di Giovanni Drogo vede la luce presso l'editore milanese nel 1940.
Corrispondente di guerra, iscritto al partito fascista, ma apolitico, dopo la guerra ottiene l'incarico di redattore capo della Domenica del Corriere. Nel 1945 pubblica La famosa invasione degli orsi in Sicilia e, in collaborazione con G. Ramazzotti Il libro delle pipe. Del 1949 Paura alla Scala, del 1950 In quel preciso momento, che ottiene nel 1951 il premio Gargano.
I suoi racconti sono talvolta tradotti anche per il teatro (come Un caso clinico, Milano 1953, che sarebbe stato più volte rappresentato e da cui sarebbe stato ricavato anche un film di e con Ugo Tognazzi, Il fischio al naso). Nel 1954 pubblica Il crollo della Baliverna con Mondadori (Premio Napoli) e nel 1958 Esperimento di magia. In questo stesso anno la raccolta antologica dei Sessanta racconti che si aggiudica il Premio Strega. Del 1963 Un amore "che esprime appieno i cedimenti dello scrittore ai miti e alle mode e insomma al mercato della letteratura", storia di Antonio Dorigo, architetto di mezza età condannato a diventar succubo di una ragazzina-squillo incontrata in una casa d'appuntamenti e furiosamente da lui amata sino alla rovina totale.
Da ricordare anche: Il colombre (1966) e Le notti difficili (1971). Tra l'uno e l'altro libro: un'antologia di racconti, La boutique del mistero (1968) e soprattutto Poema a fumetti (1969), che ottiene il Premio di Paese Sera per il miglior fumetto e che mette in risalto le sue qualità di disegnatore e pittore, ancora recentemente sottolineate con una mostra antologica alla Rotonda della Besana di Milano.
Ricordiamo dunque: Barnabò delle montagne (1933), Il segreto del bosco vecchio (1935), Il deserto dei tartari (1940), I sette messaggeri (1942), Paura alla Scala (1949), Il crollo della Baliverna (1954), Sessanta racconti (1958, vincitore del Premio Strega), Un amore (1963), Le notti difficili (1971).
Ha scritto anche drammi (Un caso clinico, 1953) e numerosi testi teatrali brevi; ha pubblicato alcuni libri nati dall'incontro tra testo e illustrazioni come I miracoli di Val Morel (1971).
Curiosità: Oreste del Buono, ricordava quell’annuncio che Orio Vergani, collega di Buzzati al Corriere, aveva fatto in redazione con incredulità: «Sapete che Cretinetti scrive un romanzo?». Quel Cretinetti «non era affatto dispregiativo», ma si riferiva al nome d'arte con cui era stato ribattezzato in Italia il comico del cinema muto francese André Deed, protagonista di brevi film come ‘Cretinetti alla guerra’, ‘Cretinetti re dei poliziotti’, ‘Cretinetti e le donne’ che avevano spopolato prima dell'avvento delle comiche americane. «Certi estri, certi mutismi, certi stupori dell'elegante, compito e persino cerimonioso Dino Buzzati capace addirittura di indebitarsi per aiutare i più bisognosi sapevano un poco della comicità stralunata di André Chapuis». Il romanzo di cui parlava Vergani, raccomandato all'editore Treves dal capocronista Ciro Poggiali, era Bàrnabo delle montagne.