Di madre siciliana, studiò all’istituto tecnico di Catania, città nella quale dimorò quasi sempre, salvo un decennio (1888-97) fondamentale per la sua formazione, trascorso a Firenze e a Milano. Amico di Giovanni Verga e di Luigi Capuana, aderì subito al verismo; nel contempo subì però anche l’influsso dello psicologismo di Paul Bourget. L’alternanza, o la compresenza, delle due suggestioni si estese in tutta l'opera di De Roberto, determinando alcuni squilibri sia delle raccolte di novelle (La sorte, 1887; Documenti umani, 1888; Processi verbali, 1890), sia dei numerosi romanzi della giovinezza e della maturità (Ermanno Raeli, 1889; L’illusione, 1891; Spasimo, 1897; Messa di nozze, 1911).
Soltanto nel capolavoro, il romanzo I Viceré (1894), le sue qualità emergono compiutamente: attraverso le vicende di una famiglia di Catania, lo scrittore compone un vasto affresco dell’aristocrazia siciliana nel momento del difficile passaggio dal regime borbonico alla nuova realtà sociale dell’Italia unita.
Stanca continuazione dei Viceré è il romanzo postumo L’imperio (1928), polemico ritratto della vita politica e parlamentare di Roma capitale; mentre il racconto, anch’esso postumo, La paura (1927) è una coraggiosa denuncia degli orrori della guerra, scritta in tempi di retorica bellicistica e patriottarda.
Sin dai primi anni della sua carriera fu anche impegnato in collaborazioni con importanti riviste e quotidiani e con alcune case editrici. Morì a Catania nel 1927.
Fonri: Enciclopedia Garzanti della Letteratura; Archivi del Novecento
Sotto: Federico De Roberto fotografato dall'amico scrittore Giovanni Verga