Nome d'arte di Derek Van den Bogaerde, attore inglese. Figlio di un critico d’arte e di un’attrice, debutta sul palcoscenico nel 1939 e ci ritorna dopo la fine della guerra, con Power Without Glory, guadagnandosi un contratto con la Rank. Tra il 1947 e il 1961 gira trenta film, tra i quali Quattro in medicina (1954) di R. Thomas, prima di una fortunata serie di commedie sui dottori. Il primo ruolo significativo è quello dell’avvocato omosessuale in Victim (1961) di B. Dearden, film che fa scalpore perché affronta in modo esplicito il tema dell’identità sessuale. Nel 1963 è il subdolo cameriere che prende il posto del suo aristocratico padrone in Il servo di J. Losey, sceneggiato da H. Pinter. L’incontro con L. Visconti lo pone al centro d’atmosfere decadenti, prima con La caduta degli dèi (1969), che racconta l’ascesa del nazismo attraverso le vicende di una famiglia di industriali tedeschi, poi con Morte a Venezia (1971), dal romanzo di T. Mann, in cui è il silenzioso e indimenticabile scrittore anziano infatuato di un bellissimo giovane. Nel segno dell’ambiguità anche il ruolo dell’ex torturatore nazista che incontra un’ebrea sopravvissuta in Il portiere di notte (1974) di L. Cavani e quello dell’industriale del cioccolato ossessionato dall’idea del doppio in Despair (1978) di R.W. Fassbinder dal romanzo di V. Nabokov. Il suo ultimo film è Daddy Nostalgie (1990) di B. Tavernier, delicata storia di un uomo che, tornato a casa per morire, cerca di ricostruire un rapporto con la propria figlia.