Assia Djebar, nata a Cherchell, in Algeria (il suo vero nome è Fatma Zohra), è tra le più importanti figure di scrittori francofoni del Maghreb.
Sostenitrice dell’emancipazione femminile nel mondo islamico, vive tra la Francia e gli Stati Uniti, dove ha diretto il Center for French and Francophone Studies, in Louisiana e insegnato alla New York University.
Nel 1955, prima tra le donne algerine, è stata ammessa all'École Normale Supérieure a Sèvres in Francia.
Ha adottato lo psudonimo Assia Djebar quando il suo primo romanzo, La Soif è statro pubblicato nel 1957, in in Francia, mentre terminava gli studi alla Sorbonne.
Ha partecipato attivamente alla guerra di liberazione algerina, a fianco di Frantz Fanon.
Scrittrice e cineasta, uno dei suoi film, La nouba des femmes du Mont Chenoua, ha vinto il premio della Critica Internazionale alla Biennale di Venezia nel '79.
Tra le sue opere di narrativa tradotte in italiano: Donne d’Algeri nei loro appartamenti e Lontano da Medina. Figlie di Ismaele; Vasta è la prigione. Ha anche pubblicato Bianco d’Algeria, Le notti di Strasburgo, Ombra sultana e La donna senza sepoltura.
Particolarmente interessante per capire la genesi della sua scrittura Queste voci che mi assediano (Il Saggiatore 2004).
Nelle prime pagine l’autrice descrive quelle che considera le quattro lingue delle donne della sua terra: la prima, quella della roccia, la più antica «per lo più ribelle e selvaggia», ovvero la lingua libica; la seconda, quella del Libro e delle preghiere, la lingua araba; la terza, «la lingua dei padroni di ieri» che permane, come un’ombra, nei popoli diventati liberi, ovvero la lingua franca; a queste tre lingue se ne affianca una quarta, quella del corpo «con le sue danze, le sue ipnosi, i suoi soffocamenti». E Assia Djebar da queste molteplici voci si sente come assediata, sperimentando fin da bambina il complesso esercizio dello scrivere talora da sinistra a destra, talaltra da destra a sinistra.
In questo volume la scrittrice algerina mostra dunque ai suoi lettori un percorso che, attraverso l’uso della lingua, si fa percorso di vita e di esperienze umane oltre che culturali.
«Il francese, così, sta davvero diventando per me casa d’accoglienza, forse anche luogo di permanenza, dove ogni giorno si percepisce quanto effimera sia quell’occupazione. Ma infine ho compiuto il gesto augurale di varcare io stessa la soglia, in piena libertà, e non più succube di una situazione di colonizzazione».
È membro dell'Academie Française ed è indicata come una delle favorite all'assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura.