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Anno edizione: 2011
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Come riportato nell'introduzione di questo testo, il tema è l'economia del Mezzogiorno d'Italia nei 150 anni che vanno dall'Unità fino al 2011. Questo di Daniele e Malanima è un testo fondamentale che si avvale anche degli studi, qualificati e riconosciuti dal mondo accademico, di altri illustri studiosi ed economisti quali Fenoaltea, Ciccarelli, solo per citare gli autori di saggi e studi più recenti. All'unità d'Italia, nel 1861, esisteva un vero e proprio divario tra Nord e Sud del paese? No, in genere, nelle società preindustriali dell'Europa a sviluppo essenzialmente agricolo, non esistevano consistenti divari tra una regione e l'altra. In Italia esisteva un maggiore divario tra est e ovest, il Tirreno era più avanti rispetto alla costa adriatica, per il resto esistevano regioni ricche e povere sia al nord che al sud. Documenti e statistiche alla mano, Daniele e Malanima ci conducono ad una realtà ancora poco conosciuta: il divario tra Nord e Sud ha cominciato ad esserci tra fine Ottocento e inizio Novecento, quando anche in Italia è iniziato un vero e proprio processo di industrializzazione. Una regione industriale, nella fase iniziale, genera una forte produttività e un alto livello di occupazione a basso costo, utilizza le altre aree meno sviluppate come mercato, sviluppa forti correnti migratorie interne ed esterne con lavoratori che abbandonano l'agricoltura con salari bassi per ottenere salari più alti. Chi ha deciso che dovesse essere il Nord a svilupparsi e a produrre e il Sud a fornire manodopera e mercato al Nord? Chi ha deciso in altre parole la "colonizzazione interna" delle regioni meridionali? Il divario ha raggiunto il limite massimo durante il periodo fascista e nel primo secondo dopoguerra, per poi ridursi negli anni del "miracolo economico" (1955-1973). Un divario che, come attestano anche le relazioni dello Svimez, ha ripreso la sua corsa forsennata dagli anni Novanta in poi, complice la nuova classe politica subentrata a quella della prima Repubblica. Le politiche economiche adottate dai governi liberali e borghesi dei primi decenni dell'unità sono responsabili di questo divario e sono state imposte da una stretta cerchia di piemontesi, una specie di consorteria indistinta di militari e politici per intenderci, intrisi e fortemente condizionati da pseudoscientifiche teorie lombrosiane che giustificarono ampiamente lo sviluppo del Nord a scapito del Sud. Daniele e Malanima, economisti puri, su queste questioni non si sbilanciano, mentre guardano solo ai dati economici. Noi invece, studiosi e storici locali, possiamo farlo e dare un giudizio anche sulla nuova classe politica che negli ultimi 25 anni ha acuito irresponsabilmente il divario: sempre documenti e statistiche alla mano , dagli anni Novanta in poi con la fine della classe politica della prima Repubblica, il Mezzogiorno è stato totalmente escluso da qualsiasi prospettiva di sviluppo economico per scelte prettamente politiche e ideologiche e l'annosa, e per molti versi fastidiosa, "Questione Meridionale" è stata messa candidamente in soffitta, ritenuta come un problema secondario nell'ambito dello sviluppo sociale, economico e culturale dell'intero Paese. I fattori per cui questo processo si è verificato ci devono far riflettere e sono, peraltro, tutti di facile lettura. Michele Eugenio Di Carlo
Ho comprato questo libro perchè mi ha sempre interessato saperne un pò di più sulle grandi questioni storico economiche. Il divario nord-sud è purtroppo un grave problema che ci portiamo avanti da ben 150 anni. In molti hanno cercato di spiegare il perchè, la nascita di queste differenze che nonostante i tanti tentativi fatti non riesce a risolversi. L'autore attraverso una serie i dati fà un excursus della questione meridionale, dall'unità di Italia fino ai nostri giorni. Spiega cose complicate con estrema semplicità e chiarezza. Consiglio a tutti di leggerlo perchè ogni cittadino dovrebbe interessarsi alla storia del nostro paese per capirlo meglio e per dare il suo contributo.
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