Compositore austriaco.
Il «bambino prodigio». i primi viaggi a monaco, parigi e londra. Il padre Leopold era maestro di cappella presso il principe arcivescovo di Salisburgo quando Wolfgang nacque, il 27 gennaio. Prima ancora di imparare a leggere e a scrivere, il piccolo M. rivelò prodigiose doti musicali, tanto che a quattro anni già suonava il clavicordo e a cinque componeva minuetti che il padre trascriveva. Anche la sorella Marianna, detta Nannerl, di cinque anni maggiore, suonava il clavicembalo con grande abilità; cosicché Leopold, perseguendo tenacemente l'educazione musicale dei figli, pensò di metterne subito a frutto le qualità precoci. Nel gennaio 1762 Leopold si recò con la famiglia alla corte dell'elettore di Monaco di Baviera, dove i due piccoli musicisti tennero concerto, suscitando stupore e ammirazione. L'avvenimento ebbe immediata eco e, nel settembre dello stesso anno, l'imperatrice Maria Teresa invitò i due fanciulli-prodigio a esibirsi in presenza della famiglia imperiale. La piccola Maria Antonietta (futura regina di Francia), che aveva allora sette anni, giocò familiarmente coi due bimbi, mostrando una particolare tenerezza per Wolfgang. Nel 1763 i Mozart iniziarono un giro concertistico attraverso Monaco, Augusta, Ulma, Mannheim (dove Wolfgang rimase impressionato dalla celebre orchestra di Stamitz), Francoforte, Colonia, proseguendo quindi per Aquisgrana e Bruxelles fino a Parigi. Intanto Wolfgang aveva rapidamente appreso anche il violino e l'organo, e come clavicembalista si faceva ammirare, oltre che per le sue composizioni, nell'esecuzione di sonate in «stile galante» di D. Paradisi e di J.Ch. Bach. Il soggiorno parigino durò sei mesi, durante i quali il barone Melchior Grimm prese sotto la sua protezione i due bimbi e li fece conoscere a Diderot, d'Alembert, Helvétius, al pittore Van Loo (che fece loro un ritratto) e ai musicisti J. Schobert, E.R. Duni e P. Gaviniès, e li introdusse anche in casa di Mme Pompadour e a corte. Nell'aprile 1764 fu la volta di Londra, dove J.Ch. Bach, maestro di cappella a corte, accolse il piccolo M. come un collega e suonò con lui. Wolfgang conobbe anche C.F. Abel; ricopiando le sue sinfonie apprese la tecnica del clarinetto, strumento allora ancora poco usato in orchestra; per contro il celebre sopranista G. Manzuoli gli rivelò la tecnica del belcanto. Decisiva fu l'influenza di J.Ch. Bach, nello stile del quale M. scrisse a Londra le Sinfonie K. 16 e K. 19, oltre a parecchie sonate per clavicembalo e per altri strumenti. A Londra, dove Giorgio iii e la regina Carlotta non si stancavano di ascoltare le sue improvvisazioni al cembalo, il ragazzo ebbe anche i primi contatti col melodramma italiano, assistendo a rappresentazioni di Piccinni, Galuppi, Ferrandini, Giardini e altri. Nel 1766 i Mozart si recarono in Olanda, quindi attraverso Lilla ritornarono a Parigi, poi si recarono in Svizzera, a Monaco e infine a Salisburgo. Nel 1767 l'arcivescovo ordinò a M. l'oratorio L'obbligo del primo comandamento, che fu eseguito in maggio con successo; nello stesso anno il giovane musicista scrisse pure una cantata, un offertorio, un prologo e una tragedia. Inizia da questo periodo (a undici anni) l'intensa e feconda attività compositiva di M. che non avrà tregua sino alla morte, arrivando ad assommare (secondo il catalogo cronologico compilato nel 1862 da Ludwig Köchel) ben 626 numeri d'opus. M. si recava spesso a Vienna, continuamente chiamato e conteso dalla nobiltà; nel 1768 compose, su ordinazione dell'imperatore, La finta semplice, opera buffa in tre atti, che non venne però rappresentata a Vienna, a causa delle invidie che il piccolo genio già suscitava negli ambienti musicali, ma soltanto l'anno successivo a Salisburgo. A Vienna fu invece rappresentata privatamente, in casa del dottor Mesmer, l'operina tedesca Bastien und Bastienne. Nello stesso periodo scrisse pure una Missa brevis (K. 49), che diresse personalmente. Nella capitale M. ebbe la rivelazione dell'Alceste di Gluck, conobbe e studiò a fondo le opere dei maggiori sinfonisti di stile viennese (Joseph e Michael Haydn, Dittersdorf, Vañhal, Wagenseil, Gassmann) ed entrò in rapporti anche con Hasse.
I viaggi in italia e i dissapori con salisburgo. L'intenso lavoro di studio, di composizione e l'attività concertistica gli cagionavano esaurimenti e frequenti malattie, ma Leopold decise ugualmente di intraprendere un viaggio in Italia. Partiti nel dicembre 1769, passarono per Rovereto, Verona e Mantova, dove M. diresse una sua sinfonia, lesse a prima vista un concerto e una sonata, e improvvisò un'aria su un testo proposto dal pubblico. La fama del giovane prodigio correva ormai per l'Italia; a Roma M. ascoltò nella cappella Sistina il Miserere di Gregorio Allegri – la cui partitura era gelosamente custodita – e lo riscrisse di sana pianta a memoria; il papa, ammirato, gli accordò il titolo di cavaliere dello Speron d'oro. A Bologna, M. ebbe lezioni da padre Martini e fu sottoposto alla prova prescritta dall'Accademia filarmonica, superata la quale venne nominato membro effettivo. A Firenze incontrò P. Nardini; a Napoli ascoltò l' Armida abbandonata di N. Jommelli. A Milano, infine, conobbe G.B. Sammartini e N. Piccinni e compose su ordinazione, oltre a quattro sinfonie, l'opera Mitridate re di Ponto, rappresentata il 26 dicembre 1770. In seguito al successo dell'opera, ebbe l'incarico di scrivere un lavoro celebrativo per le nozze dell'arciduca Ferdinando con Maria Beatrice di Modena. Ritornato a Salisburgo nel marzo 1771, si accinse alla composizione dell'opera, una «serenata teatrale» in due atti, intitolata Ascanio in Alba, su testo dell'abate Giuseppe Parini. Per il suo allestimento M. tornò a Milano, dove l'opera fu rappresentata con grande sfarzo il 17 ottobre. Nel 1772 morì l'arcivescovo di Salisburgo che aveva sino allora protetto M., e gli succedette Hieronymus Colloredo, che gli era ostile. Nondimeno, ottenne l'autorizzazione a compiere un terzo viaggio in Italia per la rappresentazione a Milano (dicembre 1772) dell'opera Lucio Silla, composta di mala voglia e destinata all'insuccesso; in questa occasione incontrò Giovanni Paisiello. Dal marzo 1773 all'estate del '77 M. non si mosse da Salisburgo, tranne qualche breve soggiorno a Vienna, dove divenne discepolo di Haydn e s'interessò vivamente al contrappunto, scrivendo alcuni dotti quartetti terminanti con fughe a più soggetti. Nel 1775 (13 gennaio) fu rappresentata a Monaco una sua nuova opera, La finta giardiniera, che suscitò entusiasmi; e nel 1776, a Salisburgo, Il re pastore. Ma l'atmosfera gretta della città natale e le continue vessazioni cui lo sottoponeva l'arcivescovo Colloredo spinsero M. a dimettersi dalla carica, mal retribuita, di Konzertmeister. Nell'agosto del 1777 lasciò Salisburgo, accompagnato solo dalla madre, alla volta di Monaco; fu poi ad Augusta e infine a Mannheim, dove riprese ad ascoltare e studiare i sinfonisti di quella scuola. Per vivere impartiva lezioni e componeva su ordinazione. Incontrò Aloysia Weber (figlia di Fridolin, zio di Carl Maria von Weber) e se ne innamorò. Ripartito alla volta di Parigi in cerca di fortuna, trovò un ambiente mutato e meno favorevole, dominato dalla polemica tra piccinnisti e gluckisti, alla quale rimase estraneo. Il 3 luglio 1778 morì la madre: affranto dal dolore, nonostante gli elogi raccolti dalla sua Sinfonia in re maggiore detta «Parigina» (K. 297), ritornò a Salisburgo, dove gli si prospettava la nomina a organista di corte e del duomo.
Gli anni viennesi. Il successo strepitoso conseguito a Monaco con la nuova opera Idomeneo re di Creta , rappresentata il 29 gennaio 1781, lo indusse però a rompere definitivamente con Salisburgo per tentare la fortuna nell'ambiente internazionale di Vienna, dove si stabilì nonostante l'opposizione del padre e della sorella e dove, respinto da Aloysia Weber, sposò nel 1782 la sorella Constanze. Nello stesso anno ricevette dall'imperatore Giuseppe ii l'incarico di scrivere un'opera. M. scelse un Singspiel tedesco su testo di Gottlob Stephanie, Belmonte und Constanze oder Die Entführung aus dem Serail (Belmonte e Costanza ovvero Il ratto dal serraglio), primo capolavoro del teatro mozartiano e primo passo verso lo sviluppo di un teatro musicale tedesco. Dopo la rappresentazione di quest'opera (16 luglio 1782), per quattro anni M. sembrò allontanarsi dal teatro. Affiliatosi alla massoneria viennese, scrisse molta musica strumentale, sinfonica e da camera, concerti per pianoforte, quartetti, trii. A Vienna si legò di fraterna amicizia con Lorenzo Da Ponte ed Emanuel Schikaneder, che diverranno suoi librettisti. Dopo aver composto un'operina intitolata Der Schauspiel Direktor (L'impresario), allestita a corte a Schönbrunn, scrisse uno dei suoi massimi capolavori, Le nozze di Figaro, su un libretto di Da Ponte ricavato, per espresso desiderio di M., dalla celebre commedia di Beaumarchais. Sin dalla prima rappresentazione (1o maggio 1786), il successo fu delirante, suscitando invidie da parte degli operisti tradizionalisti (tra cui Antonio Salieri), che invano brigarono per sabotare M. L'opera venne replicata nel gennaio dell'anno seguente a Praga, dove il Teatro italiano gli propose di scrivere un'opera nuova. Questa sarà il Don Giovanni, ancora su libretto di Lorenzo Da Ponte, andato in scena il 29 ottobre 1787 e destinato a costituire tema inesauribile di riflessioni letterarie e filosofiche, dai romantici a Kirkegaard, a Nietzsche, ai giorni nostri. Dopo il trionfo del Don Giovanni a Praga, M. ritornò a Vienna, dove fu chiamato a occupare il posto di Kammermusicus dell'imperatore, vacante per la morte di Gluck. Ma la situazione economica del musicista era precaria; il modesto stipendio, le lezioni private, le composizioni di ogni genere che gli venivano commissionate non bastavano a sostenere il gravoso bilancio familiare. M. si isolava sempre più, non trovando più neppure nella moglie un conforto alla propria solitudine. Un altro grave turbamento gli procurò la morte del padre, il 28 maggio 1787. Nel 1789 si recò a Berlino al seguito del principe Lichnowsky. L'imperatore Federico Guglielmo ii, dopo averlo sentito suonare a Potsdam, gli offrì la carica di primo Kappelmeister, con uno stipendio annuo di tremila talleri, ma M. rifiutò, preferendo rimanere fedele all'imperatore d'Austria, suo protettore, per il quale scrisse una nuova opera, Così fan tutte, ossia La scuola degli amanti, ancora su libretto di Da Ponte, rappresentata a Vienna il 26 gennaio 1790 con esito piuttosto freddo. Morto Giuseppe ii, il suo successore, Leopoldo ii non mostrò alcun interesse per la musica; per celebrare la sua incoronazione M. scrisse tuttavia, su un libretto di Metastasio, La clemenza di Tito, rappresentata a Praga il 6 settembre 1791. Già in precarie condizioni di salute, M. tornò a Vienna, convinto che gli restasse ormai poco tempo da vivere. Ad accrescere il senso della morte imminente un misterioso committente, come narra la tradizione, gli ordinò una messa da Requiem. Accettò inoltre di comporre un'altra opera tedesca, Die Zauberflöte (Il flauto magico), su testo di Schikaneder. Rappresentata nel piccolo Theater auf der Wieden il 30 settembre 1791, fu l'ultimo capolavoro teatrale di M. Il Requiem, ripreso febbrilmente, rimase incompiuto per l'improvvisa morte di M., avvenuta il 5 dicembre 1791, e fu poi terminato dall'allievo Franz Süssmayr. M. fu inumato frettolosamente nel cimitero di S. Marco a Vienna, e i suoi resti finirono nella fossa comune. Le cause della sua morte rimasero misteriose; nacque la leggenda (raccolta in periodo romantico da poeti e letterati, tra cui Puskin) che fosse stato avvelenato da Salieri. L'attività creativa di M. spaziò dalla musica da camera al concerto per strumento solista, dalla musica sacra alla sinfonia e all'opera. Una prima edizione completa delle sue opere fu pubblicata a Lipsia dal 1877 al 1905. Una nuova edizione critica è stata completata presso l'editore Bärenreiter, Kassel, 1955-93.
Q la musica da camera. Un particolare posto occupano nella produzione mozartiana i quintetti, i quartetti e i trii per archi. Il primo quartetto è quello cosiddetto di Lodi (K. 73) perché composto durante una breve sosta in questo paese (15 marzo 1770) sulla via per Milano. M., che non poteva conoscere ancora gli ultimi quartetti di Haydn, mostra già in questo primo saggio di saper individuare le qualità e le possibilità solistiche dei quattro strumenti ad archi (due violini, viola e violoncello); fra il 1770 e il '74 egli maturò in modo sorprendente questo genere, che coltiverà sino alla piena maturità. I primi quindici quartetti (K. 136-138, 155-160 e 168-173) si possono porre nel periodo della feconda formazione, avvenuta sotto l'influenza di Haydn da un lato e quella italianizzante dall'altro. Seguono i quartetti della maturità, tra i quali i dieci famosi «grandi» pubblicati come op. x: di particolare rilievo i tre ultimi (K. 575, 589, 590), dedicati al re di Prussia. In tutto, i quartetti di M. per archi sono 23; a essi si affiancano 9 quintetti (di cui 1 con corno e 1 con clarinetto), oltre ad alcuni quartetti con pianoforte e a numerosi trii per archi o per altri strumenti. Nella musica da camera si possono collocare pure le numerose serenate, i divertimenti e le cassazioni, anche se scritti per un pubblico più vasto e spesso destinati a esecuzioni all'aperto: in tutto una cinquantina di composizioni; tra esse, la più famosa è certo la Piccola Serenata notturna (Eine kleine Nachtmusik, K. 525). Di importanza fondamentale sono le 28 sonate per violino e pianoforte e le 22 per pianoforte solo, cui si aggiungono numerosi altri pezzi, tra i quali spiccano la Fantasia con fuga in do maggiore (K. 394) e le Fantasie in do minore, in re minore e in do minore (K. 396, 397 e 445), scritte le prime tre nel 1782 e l'ultima nel 1785, che costituiscono un vero messaggio per il nascente pianismo beethoveniano e romantico.
I concerti, le sinfonie, la musica sacra. M. compose sette Concerti per violino e orchestra (1775-80), ma soprattutto importanti sono i 23 Concerti per pianoforte, il genere strumentale a cui M. diede il maggiore impulso innovativo, in misura addirittura superiore che alla sinfonia. M. elevò il concerto per pianoforte e orchestra a una vera e propria forma autonoma di «dialogo» sinfonico, superando il genere concertante e salottiero di moda a quel tempo. Tra i concerti per pianoforte e orchestra sono celebri quelli in mi bemolle (K. 449), re minore (K. 446), in do (K. 467), in do minore (K. 491) e in si bemolle maggiore (K. 595), quest'ultimo scritto nel 1791. Altri concerti per strumento solista e orchestra sono quelli per flauto, flauto e arpa, fagotto, corno; in modo particolare va ricordato il bellissimo Concerto in la maggiore (K. 622) per clarinetto e orchestra. Nel corso di venticinque anni M. toccò tutti gli stili della sinfonia allora contemplati, da quella in tre movimenti, all'italiana (Sammartini), a quella «viennese» in quattro, alla sinfonia concertante alla «Mannheim», mediata attraverso il gusto francese. Il tratto più caratteristico del suo idioma sinfonico è la drammatizzazione espressiva dei materiali tematici, che già sembrano preludere alle tensioni della sinfonia beethoveniana. M. scrisse 52 sinfonie; tra esse emergono quelle in sol minore (K. 183), in la (K. 201), in re (K. 202), in si bemolle (K. 319), in re detta «Haffner» (K. 385), in do (K. 425) e soprattutto le ultime quattro: in re, detta «Praga» (K. 504), in mi bemolle (K. 543), in sol minore (K. 550), in do maggiore «Jupiter» (K. 551). La produzione sacra di M. conta alcuni capolavori assoluti; alcuni di essi figurano tra le 19 messe: la Missa solemnis K. 337 (1780), la Messa in do minore K. 427 (1783) e il Requiem in re minore K. 626 (1791); inoltre, litanie, vespri, cantate e sonate da chiesa, per un totale di oltre 60 composizioni. Si aggiungono composizioni vocali profane di vario genere con strumenti (arie concertanti, duetti ecc.), 40 Lieder per canto e pianoforte, canoni, e circa 50 danze per orchestra. Degni di nota sono i tre pezzi per organo meccanico (K. 594, 608 e 616, scritti nel 1790-91) e i tre Adagio per Glassharmonika (K. 616 a e 617 a e b, 1791); nonché vari Lieder, cori, cantate e una musica funebre per orchestra (K. 477) scritti per celebrazioni massoniche.
Il teatro. Si è già accennato all'importanza delle opere teatrali nella cronologia mozartiana. L'itinerario stilistico percorso dal teatro di M. si può suddividere in tre periodi.
A) Le opere della prima giovinezza, improntate al modello del melodramma italianizzante e metastasiano. Esse sono: Die Schuldigkeit der ersten Gebotes (L'obbligo del primo comandamento) e Apollo et Hyacinthus (entrambi in tedesco, Salisburgo 1767), Bastien und Bastienne (Vienna 1768), La finta semplice (3 atti, da Goldoni, la prima su un testo italiano, Salisburgo 1769); seguono quelle scritte per Milano: Mitridate re di Ponto (3 atti da Racine, 1770), Ascanio in Alba (2 atti, libretto di G. Parini, 1771), Lucio Silla (3 atti da Metastasio, 1772); infine Il sogno di Scipione (serenata teatrale di P. Metastasio, Salisburgo 1772).
B) Le opere della prima maturità, a cominciare da La finta giardiniera (3 atti di R. de' Calzabigi, Monaco 1775), con la quale, attraverso la mediazione di Gluck, M. elabora una propria concezione del teatro musicale mirante alla caratterizzazione psicologica dei personaggi in opposizione ai modelli ormai retorici dell'opera mitologica e a soggetto storico. A questa prima importante affermazione segue Il re pastore (2 atti da Metastasio, Salisburgo 1775), quindi il balletto Les petits riens (Parigi 1778) per la coreografia di J.G. Noverre, il riformatore e del balletto col quale M. fu in relazioni d'amicizia e le cui idee ebbero una notevole influenza sulla sua concezione del teatro. Seguono, nel 1779, le musiche di scena per Thamos, re in Egitto di T.Ph. von Gleber e l'opera tedesca Zaide (2 atti di J.A. Schachtner), rimasta incompiuta.
C) Le opere della piena maturità e i grandi capolavori, nati negli ultimi dieci anni di vita di M. Dopo Idomeneo, re di Creta (3 atti di G.B. Varesco, Monaco 1781) è la volta di Belmonte und Costanze, oder Die Entführung aus dem Serail (Il ratto dal serraglio, 3 atti di G. Stephanie, Vienna 1782); a esso avrebbe dovuto seguire (1783) L'oca del Cairo (opera buffa di G.B. Varesco, rimasta incompiuta e ricostruita da V. Mortari nel 1937), che sarebbe forse stato un altro capolavoro nel rinnovato «stile italiano» di M. In questo periodo si colloca l'incontro con Lorenzo Da Ponte e la prima collaborazione con lui per un'opera buffa rimasta anch'essa incompiuta, Lo sposo deluso, ossia La rivalità di tre donne (1783). Dopo un'operina tedesca scritta per la corte di Vienna, Der Schauspiel Direktor (L'impresario, 1 atto di G. Stephanie, Schonbrünn 1786), che mette in satira il mondo operistico dell'epoca, appare Le nozze di Figaro (2 atti di L. Da Ponte da Beaumarchais, Vienna 1786), seguito a distanza di un anno da un altro grandissimo capolavoro, Il Don Giovanni (2 atti di L. Da Ponte da Tirso de Molina, Praga 1787). Con Così fan tutte, ossia La scuola degli amanti (2 atti di L. Da Ponte, Vienna 1790) M. raggiunge il più alto equilibrio nel rapporto fra componenti strumentali e vocali, creando una «commedia musicale» di geometrica armonia. Il vero testamento operistico di M. è Die Zauberflöte (Il flauto magico, 2 atti di E. Schikaneder, Vienna 1791), sebbene un capolavoro, solo di recente riscoperto, sia anche La clemenza di Tito (2 atti da Metastasio, Praga 1791).
Q ambivalenza dell'immagine mozartiana. Morto a trentasei anni non ancora compiuti, M. è uno dei casi più miracolosi di tutta la storia della musica. Utilizzando un linguaggio che era comune a molti compositori dell'epoca, egli non operò rivoluzioni, ma seppe elevare i modelli a una classicità che apparve a Goethe come il coronamento finale della razionalità e dell'equilibrio dello spirito, paragonabile solo a quello che segna il periodo aureo dell'arte greca. Questa immagine «apollinea» di M., volta a individuare nella sua musica l'ideale di una grazia e bellezza raggiunte senza sforzo, non oppresse dal peso della materia neppure nei momenti di più sofferta espressione, rimase prevalente per tutto l'800 romantico, che della sua figura fece un mito contrapposto a quello di Beethoven e all'idea della forma beethoveniana come rappresentazione di conflitti titanici e di faticose catarsi. E tuttavia, sotto l'apparente levità mozartiana si avvertono inquietudini, improvvisi addensamenti e misteriose zone d'ombra, non tali da capovolgerne l'immagine ma sufficienti ad adombrare contenuti espressivi più complessi e stratificati di quanto non appaia a prima vista. Non si tratta soltanto dei celebri capolavori «notturni» mozartiani (dal Concerto per pianoforte K. 491 al Quartetto in re minore K. 421, dal Don Giovanni alla Serenata per fiati K. 388, ma di una disposizione costante all'ambivalenza e alla volubilità dei significati, per cui di ogni maschera si intravede anche il volto nascosto, e ogni arguzia porta con sé i segni dell'angoscia e ogni sicurezza quelli del dubbio. Esempi di quest'arte sublime dell'ambiguità e dell'allusione sono, per citare a caso e in contesti fra loro diversi, il personaggio della Regina della Notte nel Flauto magico, la Sinfonia in sol minore K. 550 e la «Piccola musica notturna» (Eine kleine Nachtmusik K. 525). Come poi Beethoven, anche M. concepisce la struttura della forma-sonata come una drammaturgia tra caratteri espressivi contrapposti (al punto da applicarne il principio anche fuori dei contesti formali consueti, ad es. nei cicli di variazioni o nelle arie). Ma, diversamente da Beethoven, non tende a esasperare i contrasti, bensì a sfaccettarli, a rivelarne le intime contraddizioni, sicché anche la risoluzione finale non suona mai del tutto liberatoria e trionfale, ma conserva in sé qualcosa di sospeso e di enigmatico.