Compositore. Figlio di un fornaio, studiò dapprima nella città natale, quindi con Ponchielli al conservatorio di Milano. Insofferente della disciplina scolastica, abbandonò presto il conservatorio per unirsi come direttore d'orchestra ad alcune compagnie d'operetta girovaghe, stabilendosi poi a Cerignola come direttore della Filarmonica, della banda e del teatro municipali. Alla modesta condizione di maestro di provincia lo sottrasse improvvisamente il clamoroso successo di Cavalleria rusticana, l'opera in un atto, su libretto di G. Targioni-Tozzetti e G. Menasci dall'omonimo dramma di Verga, con la quale egli vinse nel 1889 il concorso indetto dalla casa editrice Sonzogno. Andata in scena l'anno successivo al teatro Costanzi di Roma, sotto la direzione di Mugnone e nell'interpretazione di R. Stagno e G. Bellincioni, Cavalleria rusticana ebbe un'accoglienza trionfale, che si rinnovò ben presto in molti teatri italiani e stranieri. M. poté così abbandonare l'impiego a Cerignola per dedicarsi interamente alla composizione e all'attività direttoriale. La Cavalleria rusticana, che aveva impressionato critica e pubblico per l'irruenza della vena melodica e della vocalità prorompenti dalle passioni elementari rappresentate nel dramma, venne assunta a prototipo di quella che, da allora, fu chiamata l'opera verista italiana. Con tale espressione ci si riferiva alla cosiddetta «Giovane scuola», comprendente, oltre a M., personalità di rilievo come Puccini, Leoncavallo, Giordano, Cilea, accomunate – più che dalla scelta dei soggetti, non sempre o non del tutto «veristi» – da certe affinità stilistiche, in particolare da un tipo di vocalità molto sfogata, con bruschi e frequenti trapassi dal registro centrale a quello acuto. Dopo Cavalleria rusticana, M. volle tentare la commedia lirica con l'idillico L'amico Fritz (1891), cui seguirono nel 1892 I Rantzau, dramma a forti tinte, e nel 1895 il romantico Guglielmo Ratcliff (da Heine). Nello stesso anno M. assunse la direzione del liceo musicale di Pesaro e compose il dramma marinaro Silvano; dell'anno successivo è Zanetto, breve lavoro, ancora di carattere idillico e non privo di venature estetizzanti. Con un linguaggio armonicamente e strumentalmente più ricercato M. affrontò nell'Iris (1898) temi simbolistici; e atteggiamenti addirittura intellettualistici traspaiono dalla commedia lirica giocosa Le maschere (1901). Lasciata la direzione del liceo musicale di Pesaro, M. compose ancora un'opera di moderato impegno con Amica (1905), ma tornò a mostrarsi sensibile a suggestioni culturali di sapore decadentistico con la medievaleggiante Isabeau (1911) e la dannunziana Parisina (1913). A un dichiarato naturalismo, applicato ora a patetiche storie d'amore ora a drammi con sfondo storico, sono improntate invece Lodoletta (1917), Il piccolo Marat (1921), Pinotta (1932) e Nerone (1935). Oltre alle opere liriche, M. compose 2 operette (Il re a Napoli e Sì), 2 cantate, 2 sinfonie, una Rapsodia satanica per orchestra e il poema sinfonico Contemplando la Santa Teresa del Bernini.