Compositore russo.
Le vicende biografiche. Pur essendo stato avviato presto alla musica, intraprese la carriera di ufficiale di marina come la tradizione familiare imponeva, senza interrompere, tuttavia, lo studio del pianoforte e della composizione. L'incontro con Balakirev (1861) segnò il suo ingresso nel circolo dei musicisti impegnati a creare, sull'esempio di Glinka, le basi di una musica nazionale russa. Fra i componenti del gruppo dei Cinque, R. si accostò soprattutto a Musorgskij, con cui coabitò nel 1871-72 e per il quale nutrì un'ammirazione profonda, pur con molte riserve di ordine stilistico che si rifletteranno nella revisione di alcune sue opere (fra cui il Boris) da lui fatta dopo la morte dell'amico. Musorgskij, che ricercava gli elementi melodici e armonici più profondamente connaturati col canto del popolo russo, era estraneo a ogni ideale di bel suono e di perfezione in senso tradizionale; R. sentiva invece il bisogno di una solida preparazione professionale, che lo spinse, dopo aver studiato vari anni la composizione con Balakirev, a ricercare la guida di Cajkovskij e dei principali trattati d'armonia occidentali, approfondendo la conoscenza della produzione musicale degli altri paesi e la tecnica degli strumenti a fiato. Ne ricavò una sapienza musicale e un'abilità di strumentatore sbalorditiva, che se lo portarono a essere una sorta di consulente tecnico del gruppo dei Cinque e il diffusore, in patria e all'estero, delle loro opere, al tempo stesso lo resero più disponibile dei suoi compagni a influenze esterne. Così la nomina (1871) a insegnante di composizione nel conservatorio di Pietroburgo, che nelle intenzioni del gruppo avrebbe dovuto rappresentare un'infiltrazione delle nuove idee nella roccaforte della musica tradizionale, costituì in realtà per R. un ulteriore motivo di apertura verso la musica occidentale. Lasciata definitivamente la marina, nel 1874 prese il posto di Balakirev alla Scuola libera di musica e ne diresse, fino al 1881, i concerti russi, che portò anche a Parigi e Bruxelles nel 1889-90. Dal 1883 affiancò Balakirev nella direzione della cappella imperiale; nello stesso periodo si legò al circolo costituitosi attorno all'editore pietroburghese Beljaev, fautore delle nuove correnti musicali e attivo organizzatore. Nel 1905, per aver appoggiato i moti degli studenti democratici e rivendicato l'autonomia del conservatorio dal controllo della Società di musica imperiale, fu sospeso dall'insegnamento. Ma poco dopo, pur guardato con sospetto, fu reintegrato nella carica e poté continuare fino alla morte un'attività didattica decisiva per la formazione della scuola fiorita con Glazunov, Ljadov e Ippolitov-Ivanov nei primi decenni del secolo.
Il grande orchestratore. Nella sua posizione intermedia fra matrice russa e gusto occidentale, R. costituisce un anello insostituibile di quel rapporto di influssi reciproci che legò l'impressionismo francese e la nascente scuola russa; rapporto che culminerà nell'eclettismo dello Stravinskij parigino, non per nulla allievo anch'egli di R. per la strumentazione (1903-08). La tecnica orchestrale wagneriana tendeva a sommare i timbri strumentali e a subordinarli alla linea melodica, dando ad essa maggiore o minore volume; l'orchestrazione di R., invece, si evolve lungo un indirizzo nuovo, che conduce al frazionamento della massa strumentale in timbri singoli, puri, e alla valorizzazione del colore come elemento costruttivo fondamentale del discorso musicale, spesso prevalente sui valori lineari e di volume, secondo suggestioni vicine all'impressionismo e fortemente anticipatrici di Debussy. Il poema coreografico Shéhérazade (1888) e l'ouverture della Grande Pasqua russa (1888) rappresentano anche sotto quest'aspetto le migliori riuscite di R.; l'elaborazione musicale corre sul filo della varietà di effetti timbrici e di una vertiginosa capacità inventiva; come il colore, anche il ritmo rivela una profetica tendenza a imporsi con valore autonomo e a diventare un mobilissimo generatore dell'intera compagine musicale. Comune a R. e a Musorgskij è l'amore per i grandiosi quadri di folla popolare, spesso resi con quell'impiego orgiastico dell'orchestra che eserciterà una diretta influenza sui primi balletti di Stravinskij. L'immaginifica fantasia di R., poco adatta a forme astratte, predilige le più libere strutture della variazione, della suite sinfonica o del teatro, che gli consentono di evocare atmosfere e situazioni determinate.
L'ispirazione fiabesca e il canto popolare. Sulla scia di Glinka, predomina nella musica di R. il clima fiabesco, ai cui magici effetti contribuisce un calibrato dosaggio timbrico, ora in tenui trasparenze, ora in tinte terrificanti, ma sempre rivissuto con estroversa schiettezza emotiva. Le suggestioni esotiche della leggenda di Antar (1868) e delle Mille e una notte si affiancano alla robusta sostanza della fiaba russa che impregna la produzione teatrale; qui il clima favoloso si mescola con gli elementi realistici derivati dalla tradizione letteraria (La fanciulla di neve, 1882; Sadko, 1898; La leggenda della città invisibile di Kitez, 1907), in particolare dai racconti di Puskin a cui attingono alcune opere (non prive di una larvata satira politica) come La favola dello zar Saltan (1900) e Il gallo d'oro (1905), non a caso bloccato dalla censura. La moda delle spagnolerie, nata in ambiente francese, che già aveva tentato Glinka e Balakirev, richiese anche a R. il tributo di un Capriccio spagnolo (1887), brillante e strepitoso quanto esteriore. Altro senso ha il ricorso ai canti popolari russi, che ritornano in gran parte della sua produzione e alla ricerca dei quali il compositore si dedicò con serietà per tutta la vita. Le caratteristiche di stile del canto popolare non giungono in lui, come in Musorgskij, ad aggredire radicalmente e a tutti i livelli il linguaggio musicale tradizionale; intere melodie popolari vengono piuttosto inglobate in strutture formali e armoniche estranee alla tradizione folclorica e legate alla tradizione occidentale. Il recupero folclorico di R., comunque, non è mai oleografico o salottiero, ma rivela un serio impegno a conservare integro lo spirito del materiale pur nei limiti di una coscienza musicale colta.