Compositore ceco.
Le vicende biografiche e i primi lavori. Figlio del maestro elementare di un piccolo paese, trascorse un'infanzia povera. Compì i primi studi musicali a Brno, continuandoli poi alla scuola d'organo di Praga (1874-75) e ai conservatori di Lipsia (1879-80) e di Vienna (1880); ma si formò sostanzialmente da autodidatta. Ritornato a Brno, prese a svolgervi un'intensa attività di insegnante e di direttore d'orchestra e di società corali. Intanto si dedicava, anche in collaborazione con l'etnomusicologo F. Bartos, allo studio del canto popolare moravo e a ricerche approfondite di psicologia e di fisiologia acustica. Dopo l'opera teatrale Sárka (terminata nel 1887 e rielaborata nel 1924), ancora di ispirazione romantica sui modelli di Smetana e di Dvorák, scrisse lavori di indirizzo realistico e popolare: le Danze di Lachi per orchestra (1889-90), il balletto Rákos Rákoszy e l'opera in un atto Inizio di un romanzo (terminati entrambi nel 1891), le Danze morave per orchestra (1892), le cantate Amarus (per soli, coro e orchestra, 1897) e Padre nostro (per soli, coro e pianoforte, 1901). Ma J. fu un compositore a sviluppo tardivo; la sua prima opera significativa (Jenufa) andò in scena quando aveva cinquant'anni, e i suoi capolavori più importanti videro la luce quando aveva ormai superato i sessanta. Anche la sua fama si accrebbe lentamente: in parte a causa dell'isolamento della Cecoslovacchia dopo la prima guerra mondiale e dei successivi avvenimenti politici; in parte per la stessa singolarità del suo idioma musicale, egualmente distante dal tardo romanticismo e dal neoclassicismo. Un'opera ancora tradizionale come Jenufa poté conoscere una certa notorietà nei paesi di lingua tedesca sin dagli anni '20, ma fu necessario attendere il secondo dopoguerra perché altre opere più significative cominciassero a poco a poco a circolare e si iniziasse a guardare a J. come a una delle maggiori figure del teatro musicale del Novecento.
L'opera teatrale. L'opera Jenufa (composta nell'arco di dieci anni, 1894-1903, e rappresentata a Brno nel 1904) segnò dunque l'inizio della fase più matura e originale della sua produzione, caratterizzata dall'individuazione delle matrici melodiche e ritmiche della musica nelle inflessioni e negli andamenti del linguaggio parlato, e dalla scoperta della vasta disponibilità armonica fornita da un libero concatenamento di accordi, emancipato dalla sintassi tonale ottocentesca. Le tappe più significative di questa produzione sono costituite da opere teatrali, tutte improntate a un'appassionata problematica morale (già presente in Jenufa, al di là degli elementi apparentemente naturalistici della vicenda). Nelle due opere satiriche Viaggio del signor Broucek sulla Luna e Viaggio del signor Broucek nel sec. XV (entrambe rappresentate senza successo a Praga nel 1920) viene sferzato, con mordente umorismo, il filisteismo piccolo-borghese, alla luce di una polemica libertaria e nazionale. In Ká'ta Kabanová (1921, tratta da Uragano di A.N. Ostrovskij) emerge l'angosciata protesta contro la società borghese. È questo uno dei poli della poetica del compositore. L'altro è la fiducia nella natura, sentita come fonte di vita libera e autentica, sentimento che trova espressione altissima nella Volpe astuta (1924), una fiaba in cui la foresta e gli animali che vi abitano costituiscono emblemi di moralità, in contrasto con la crudeltà degli uomini; la freschezza della narrazione, la varietà coloristica e l'intensità lirica della musica fanno dell'opera uno dei capolavori di J. In quest'opera, come nelle due successive, scelse temi che per argomento, ambientazione e impianto narrativo, erano quanto di più distante si potesse allora immaginare da un soggetto operistico. L'Affare Makropulos (1923-25), tratto dalla commedia di K. Capek, mette in scena un complicato caso legale incentrato su una donna dal misterioso passato, e a poco a poco si trasforma in un'amara riflessione sulla vita e sulla morte, cui la musica conferisce un tono ambiguo tra commedia del genere «noir» e psicodramma dell'angoscia. L'ultima opera, Da una casa di morti (1927-28), si basa invece sulle oscure memorie di Dostoevskij dalle prigioni zariste. Quasi scomparsi gli elementi legati al folclore, si fanno qui più cupi gli accenti di desolato pessimismo, quasi a richiamare il clima spirituale tormentato dell'espressionismo.
Le altre composizioni della maturità. Anche la produzione non teatrale dell'ultimo periodo annovera lavori memorabili, dagli inconfondibili tratti stilistici: il procedere del discorso musicale non per sviluppi tematici ma per incisi ed ellissi, per addizioni e ripetizioni; i blocchi armonici a contrasto; le figure ostinate; le asprezze timbriche. Si vedano il ciclo di liriche Diario di uno scomparso (1919), ove si narra dei conflitti interiori di un contadino che abbandona il villaggio per seguire nel bosco una zingara che ama; o quello delle 18 Filastrocche infantili (1926), per 9 voci soliste e 10 strumenti (fra cui ocarina, flauto, clarinetto, contrabbasso, tamburino, pianoforte); e soprattutto la vigorosa Messa glagolitica per quattro soli, coro, orchestra e organo (1926), dalle linee spigolose e dai ruvidi contrasti, su testi dell'antica liturgia slava. Fra la musica strumentale spiccano, oltre alla celebre rapsodia Taras Bul'ba per orchestra (1918), i due Quartetti per archi (1923 e 1928), in particolare il secondo («Lettere intime»), esempio di prosa musicale, con la volubilità, le reticenze, le improvvise accensioni di una confessione. Inoltre, il Concertino per pianoforte e sei strumenti, il Capriccio per pianoforte (mano sinistra), flauto, 2 trombe, 3 tromboni e tuba, e la colorita Sinfonietta per orchestra, tutti del 1926; la Suite «Mládi» («Giovinezza») per sestetto di fiati (1924); la Sonata per violino e pianoforte (1914-21); e, fra le composizioni pianistiche, la Sonata 1-X-1905 «Dalla strada», in memoria di un operaio ucciso durante una manifestazione antiaustriaca (1924).