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Anno edizione: 2021
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«Mia sorella è come un sole, come una gialla dalia. Capelli d'oro come pugnali intorno al viso. Occhi grigi, pieni di coraggio.»
Camminiamo in un cimitero: i fiori incoronano una lapide, la tomba di una persona cara. Ci muoviamo sull'erba schiacciata dai piedi dei tanti che, come noi, procedono disorientati tra le tombe. Ripensiamo a ciò che è stato e, all'ombra di un faggio rosso, udiamo ancora una volta le nostre risate e i nostri pianti di bambini, la ninnananna sommessa di una madre che culla un figlio, il canto di un uccello che trafigge il silenzio di un padre, il nostro. Ararat è un commovente ritratto di famiglia, turbato, sullo sfondo, dalla presenza gelida della morte. Il lutto, dice Louise Glück, è una ferita aperta, pulsa, brucia; ma aspetta: il tempo trascolora, le ore sfioriscono. I giorni diventano mesi, i mesi anni: allora riviviamo l'ultimo saluto, il tremore di una mano, i sorrisi che non nascondono le lacrime, e capiamo che la sofferenza è compagna inevitabile della compassione, dell'amore. E nella dolcezza del dolore diventiamo inequivocabilmente umani.
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Ararat raccoglie una trentina di poesie, che si confrontano con l’eterno tema del rapporto tra eros e thanatos, già dal celebre esergo platonico, che indica l’amore come desiderio e ricerca dell’intero. Ansia di una completezza affettiva che evidentemente alla poeta è mancata, cresciuta in un circolo familiare chiuso e compassato, con un padre debole e assente, e una madre troppo rigida. Vagare nel cimitero di Ararat, accostarsi alle tombe di persone conosciute, amate o detestate, esaminare la disposizione dei fiori, la cura o la trasandatezza delle sepolture, l’atteggiamento dei parenti, trasforma chi scrive in un osservatore implacabile delle emozioni proprie e altrui. L’attenzione alle reazioni di chi sopravvive al lutto (orfani, vedove) è controllata e formale, rispecchia l’atteggiamento di colei che narra in prima persona, e si è trovata a vivere più volte uguali situazioni cerimoniali. Nessun lirismo, nessuna retorica elegiaca: stilisticamente queste poesie si proibiscono anche l’addolcimento delle rime, preferendo scansioni ripetute, punteggiatura spaziante, pause ed enjambement, precisione lessicale. In questa raccolta, differentemente da altre della Glück, non si trovano richiami alla mitologia e alla letteratura classica: fondamentale e assoluto è invece lo sguardo introspettivo tendente a universalizzare l’esperienza personale, in modo da renderla condivisibile con il lettore. Anche il paesaggio appare spersonalizzato e simbolico, puramente di sfondo alla caratterizzazione dei personaggi, che risultano sapientemente e crudamente scolpiti nell’accettazione del loro immodificabile destino, incapaci di comunicare gioia e leggerezza: “Senza rapporto con la terra”.
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