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Curiosando fra i film che hanno meno beneficiato di costose campagne pubblicitarie è possibile imbattersi in produzioni di buona qualità che meriterebbero ben altri livelli di visibilità; uno di questi è 12, di origine russa, diretto ed interpretato dal bravo Nikita Mikhalkov. La sua interminabile durata, quasi 3 ore, e il fatto che sia girato per intero all’interno di una palestra, potrebbero costituire un valido deterrente per il timore di finire invischiati in un film soporifero, o comunque noioso; in realtà il tempo scorre che è un piacere e si arriva ai titoli di coda senza mai rimpiangere una serata alternativa. Un violento fatto di cronaca dà il via alla trama: un giovane ceceno è accusato di aver brutalmente assassinato il proprio padre adottivo e il processo, forte del fatto che il ragazzo è cresciuto in mezzo a guerra, violenza e disperazione, si presenta come una mera formalità necessaria per attuare la condanna. 12 giurati sono chiamati a pronunciarsi sulla colpevolezza del giovane e vengono condotti all’interno di una palestra adiacente al tribunale per poter sbrigare velocemente l’iter della votazione. Ognuno di essi ha fretta di tornare alla propria vita e la votazione stessa sembra questione di pochi minuti, finché accade qualcosa che sconvolge i piani di tutti: uno dei giurati rifiuta di partecipare al linciaggio del giovane ceceno e propone “almeno di parlarne un po’”. Sebbene inizialmente la richiesta sia male accolta e susciti anche la collera di altri giurati, man mano che passa il tempo ciascuno prende coscienza dell’importanza del proprio ruolo e di come non si possa condannare un altro essere umano con la stessa semplicità con cui lo si accusa. Inizia così un percorso intenso e avvincente nell’intimità dei giurati che porterà ciascuno di loro a confrontarsi e a fare i conti con la propria coscienza: 12 storie bellissime che porteranno alla luce vicende drammatiche, paure struggenti, speranze e riflessioni penetranti sulla vita attuale, che permetteranno anche di scardinare i pregiudizi di chi vede un assassino in ogni ceceno come fosse un’eredità genetica. Nessuna di queste storie può dimostrare la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato ma ciascuna di esse è un tassello fondamentale per consentire ai 12 giurati di maturare una decisione ponderata e priva di preconcetti; e il verdetto finale, mai così in dubbio, sarà il frutto doloroso di uno scontro verbale che investe più generazioni e molteplici classi sociali.
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