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Prima dell'alba - Paolo Malaguti - copertina
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Prima dell'alba

Descrizione


Nel centenario della «disfatta» di Caporetto, un romanzo che, attraverso le indagini sulla misteriosa morte di Andrea Graziani, il «generale fucilatore» distintosi per la feroce brutalità verso i sottoposti, fa luce su una delle pagine più oscure della storia italiana

«Attento ai risultati della storiografia più consolidata, Malaguti ci propone un racconto tanto coinvolgente quanto realistico»Giovanni De Luna, Tuttolibri

«Un giallo, un noir, un trattato sulla vita di trincea, una bella prova di narrativa che muove da un fatto di cronaca»il Venerdì di Repubblica

«Il dramma di Caporetto spiegato in un romanzo. Ci ha provato con successo Paolo Malaguti»Corriere della Sera

La mattina del 27 febbraio 1931 i passeggeri del primo treno in transito sulla linea Prato-Firenze notano un corpo accasciato lungo la massicciata: è il cadavere di Andrea Graziani, classe 1864, luogotenente della Milizia volontaria, generale pluridecorato della Grande Guerra, grosso calibro del partito fascista. Come è morto il Graziani? È stato un suicidio? Una caduta accidentale? Un furto finito male? L’ispettore Ottaviano Malossi, classe 1899, inizia a scavare con prudenza, tra resistenze, false piste e pressioni dall’alto: bisogna fare presto, trovare colpevoli se ve ne sono, ma soprattutto consegnare quanto prima il corpo dell’eroe della Patria agli onori che il regime vuole tributargli. Il viaggio alla ricerca della verità sarà più lungo del previsto, e, dai binari della linea Prato-Firenze, l’ispettore Malossi sarà condotto lontano nel tempo e nello spazio, indietro fino all’ottobre del 1917, lungo le strade fangose del Friuli e del Veneto, percorse da un esercito in rotta, o, per dirla con le parole dei dispacci ufficiali, in «ripiegamento strategico» dalle trincee pietrose dell’Isonzo al Piave e al Monte Grappa. Capitolo dopo capitolo, alle indagini dell’ispettore Malossi si alterna l’esperienza del Vecio, fante italiano testimone silenzioso del disastro di Caporetto, e, prima ancora, di una vita di trincea resa intollerabile da mille difficoltà materiali, cui si aggiunge il rigore insensato di una gerarchia pronta a far pagare con la fucilazione anche la più banale infrazione del regolamento. Il racconto ci conduce così attraverso la censura occhiuta delle lettere dal fronte, il massacro dei «ragazzi del ’99» mandati al macello senza il tempo di ricevere una giusta preparazione, le fucilazioni sommarie per disubbidienza a ordini assurdi, o soltanto per mancanza di coraggio di fronte all’orrore assoluto. Il tutto mediato da un’accurata ricerca linguistica in grado di recuperare il «gergo di trincea», il codice, espressivo e talvolta imprevedibile, con cui gli italiani, per la prima volta nella storia, tentarono di superare le differenze linguistiche in una situazione nella quale non capirsi poteva significare la morte. Andrea Graziani fu protagonista dell’esecuzione, il 3 novembre 1917 a Noventa Padovana, dell’artigliere Alessandro Ruffini, colpevole di averlo salutato militarmente senza prima essersi levato di bocca il sigaro che stava fumando. Il 27 febbraio 1931 Graziani fu trovato mortosui binari nel tratto Prato-Firenze: la causa della morte non fu mai accertata, anche se le autorità dell’epoca archiviarono il caso come una caduta accidentale dal treno. Ma un uomo che cade per errore dal treno non va a finire sulla scarpata opposta a quella di marcia. Chiuse in tutta fretta le indagini, celebrato il funerale, la stampa non parlerà più del caso. Ma i dubbi restano: si è davvero trattato di incidente oppure qualcuno potrebbe avere avuto un movente per uccidere il luogotenente della Milizia? A metà tra il giallo e il grande romanzo storico, Prima dell’alba racconta, attraverso un’attenta ricostruzione storica, frutto di un grande lavoro di documentazione, un viaggio nel passato sulle tracce di una terribile verità. Un romanzo che getta una luce nuova sulle scelte, di memoria e di celebrazione, di oblio e censura, fatte dall’Italia «vittoriosa» attorno al mito della Grande Guerra e al destino dei troppi caduti di questa inutile strage.

Periodo/Luogo/Soggetto: XX sec., Italia, Fascismo
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Dettagli

2017
320 p., Brossura
9788854511170

Valutazioni e recensioni

Renzo Montagnoli
Recensioni: 5/5

In occasione del centenario della ritirata di Caporetto si avvertiva la necessità che qualcuno si prendesse la briga di scrivere un romanzo su questo tragico evento ed era da troppo tempo che durava l’attesa, quasi esistesse un timore reverenziale di ideare una trama che facesse ben comprendere, oltre a quello che fu la realtà storica così ben tracciata in Caporetto di Alessandro Barbero, come accadde e anche perché avvenne. Non nascondo che le difficoltà di realizzare un’opera simile sono notevoli, un po’ per la naturale ritrosia nell’ammettere una nostra sconfitta, un po’ per il rischio di scrivere, anziché un romanzo corale, la massificazione di un evento disperso in tanti rivoli, tali da non consentire al lettore di farsi almeno un’idea. Bravo è stato Malaguti, anche grazie a un’impostazione che vede in alternanza capitoli ambientati in quei tragici giorni di fine 1917 e altri spostati nel tempo di non pochi anni, addirittura nel 1931, in cui si dipanano le indagini sulla misteriosa morte (incidente o omicidio) di un generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, rinvenuto cadavere lungo i binari della linea ferroviaria Firenze – Bologna. L’autentico colpo di genio è però di aver trovato, per ognuno di questi capitoli, un personaggio, un protagonista, il Vecio che è un militare ormai rotto alla guerra e l’ispettore di polizia Ottaviano Malossi, a cui è stato affidato il caso, una patata bollente che può sancire il suo avanzamento di carriera, come può anche travolgerlo. Si tratta di personaggi indovinati, assai ben descritti, con una analisi psicologica fine e approfondita, due individui che si riveleranno, pagina dopo pagina, dei piccoli eroi, gente che compie atti di grande significato in totale silenzio, senza enfasi e che soprattutto non avrà medaglie. Nei capitoli relativi alla ritirata, ognuno dei quali è dedicato a una vittima della repressione poliziesca che ha rappresentato una delle caratteristiche della Grande Guerra, la figura del Vecio, nel suo silenzio, esprime tutta la sofferenza di chi è rassegnato a morire ogni giorno; ci sono pagine che riescono a trasmettere al lettore, palpabilmente, lo sfacelo di quelle giornate di fine ottobre e inizi novembre, le nefandezze di cui l’uomo può essere capace quando tutto si disgrega, la carne da cannone che si ribella per ridiventare subito di nuovo bestia destinata al macello. Nelle parti invece spostate nel tempo si riesce a percepire tangibilmente l’atmosfera oppressiva di una dittatura, capace di distruggere i suoi strumenti, uno dei quali è appunto l’ispettore, per fini oscuri e comunque non nell’interesse del popolo. Sembra quasi un destino, e infatti lo è, che questi due personaggi vengano a incontrarsi, a trasmettersi i reciproci dolori, lo sdegno per aver compreso che la loro vita è quella di pedine manovrate da altri. Sono pagine stupende, che mi hanno commosso profondamente, e che concludono nel migliore dei modi un romanzo che non ha nulla da invidiare a due capolavori della letteratura sulla prima guerra mondiale: Niente di nuovo sul fronte occidentale e Un anno sull’altipiano. Non credo sia necessario che aggiunga altro, se non la raccomandazione a leggerlo, per comprendere che in guerra ci sono anche eroi della pace.

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MARCO AMEDEO
Recensioni: 5/5

Gran bel libro, il doppio binario tra una storia che vede protagonista un fante della Grande Guerra nel 1917 e lo strano ritrovamento del cadavere di un gerarca fascista sulla ferrovia tra Firenze a Bologna e le relative indagini di un saggio poliziotto nel 1931. Apparentemente due storie a se stanti, ma pian piano si giunge al trait d'union. Romanzo veramente bello, che evidenzia gli orrori della Grande Guerra, nonchè alcuni vizi delle italiche genti che ancora contraddistinguono il nostro popolo.

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franco bonacchini
Recensioni: 5/5

Raccontare la prima guerra mondiale fuori dalla retorica è una impresa ardua. Paolo Malaguti ci è riuscito benissimo. E' un romanzo che scorre narrativamente come un giallo dei migliori, ma ha una profondità storica che lascia attoniti. Neanche Lussi ha narrato con tale potenza la vita di trincea. I Precedenti mi sembravano reticenti nella memoria dell'orrore, quasi a volerlo rimuovere, forse più per carità di Patria, che per altri motivi. L'autore ci ha riportato in pieno nell'orrore di quell'inutile massacro. Posso dire che è da leggere nelle scuole?

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Paolo Malaguti

1978, Monselice (Padova)

Paolo Malaguti è nato a Monselice (Padova) nel 1978. Attualmente vive ad Asolo e lavora come docente di Lettere a Bassano del Grappa. Con Neri Pozza ha pubblicato La reliquia di Costantinopoli (2015), finalista al Premio Strega 2016. Tra le sue opere Nuovo sillabario veneto (BEAT, 2016), Prima dell'alba (Neri Pozza, 2017) e L' ultimo carnevale (Solferino, 2019).

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