(Londra 1572 ca - 1637) poeta e drammaturgo inglese. Iniziò brillantemente gli studi alla Westminster School; ma il padrigno lo costrinse ad abbandonarli e a imparare il mestiere di muratore. Per qualche tempo fu soldato, poi divenne attore. Nel 1598 fu in prigione per aver ucciso in duello un collega. Nel 1599 ottenne il primo successo in teatro con Ognuno nel suo umore (Every man in his humour), prima di una serie di commedie satiriche i cui protagonisti sono personaggi eccentrici e caricaturali. Negli anni successivi J. scrisse moltissimo: tragedie, commedie, masques (? masque), poesie e prose critiche. Giunto ormai al successo a corte e alla carica di poeta laureato, cadde in disgrazia dopo una lite con lo scenografo Inigo Jones e dovette interrompere la sua produzione di masques per la corte, mentre i suoi ultimi drammi venivano accolti freddamente e i creditori lo perseguitavano.Le commedie più famose di J. sono Volpone (1606), spietata satira dell’avarizia, e L’alchimista (The alchemist, 1610), vivacissima storia di imbroglioni e imbrogliati; più serene sono La silenziosa (The silent woman, 1609) e La fiera di san Bartolomeo (Bartholomew fair, 1614). Nel teatro, che comprende anche tragedie di ambiente romano (la migliore è Sejanus, 1603), nelle poesie, raccolte nelle Opere (Works) del 1616, e in Sottobosco (Underwood, 1640), J. rispettò i canoni classici e classicista si considerò sempre, pur non risparmiando le lodi a Shakespeare, per esempio nei versi con cui si apre il grande volume (l’«in-folio») che nel 1623 raccolse per la prima volta l’opera shakespeariana. L’opera di J. presenta tuttavia tratti di vivido realismo e rivela un’acuta conoscenza del costume e del temperamento popolare. Se molte delle poesie brevi e alcuni masques dimostrano un’ispirazione lirica delicata e sincera, i prologhi dei lavori teatrali fanno di J., per sicurezza di gusto e capacità di penetrazione, uno dei più acuti critici della storia letteraria inglese.