(Andahuaylas, Apurimac, 1911 - Lima 1969) scrittore peruviano. Trascorse l’infanzia in mezzo agli indios, parlando la loro lingua, il quechua, conoscendo in modo diretto la loro psicologia e i loro costumi di vita. Quando, nel 1929, si trasferì a Lima, parlava a stento lo spagnolo. Nel 1937 fu incarcerato per le sue idee di sinistra; nel 1957 gli fu conferita la cattedra di etnologia nell’università di San Marcos (aveva pubblicato ottime opere sulla cultura india e traduzioni in spagnolo di leggende del popolo quechua). Morì suicida. Esordì come autore di racconti con Acqua (Agua, 1935, nt), ma solo con i romanzi successivi acquistò fama e prestigio, ora anche internazionali: si ricordano Festa di sangue (Yawar fiesta, 1940) e soprattutto I fiumi profondi (Los ríos profundos, 1958), capolavoro della letteratura peruviana del ’900 e tappa fondamentale di quella letteratura indigenista che aveva fino allora interpretato il mondo degli indios dall’esterno. Ne I fiumi profondi, segnato da elementi autobiografici, la mentalità e la sensibilità delle comunità indigene sono rese in tutte le loro componenti di fantasia e di tenerezza. Notevoli anche Tutte le stirpi (Todas las sangres, 1964), Il Sexto (El Sexto, 1961), unico suo romanzo ambientato a Lima e che riflette le sue esperienze carcerarie, e La volpe di sopra e la volpe di sotto (El zorro de arriba y el zorro de abajo, 1971), romanzo-saggio, postumo e incompiuto, dove A. traccia una specie di testamento letterario, venato di pessimismo.