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A 400 anni circa dalla peste del 1624, un romanzo vivacissimo e pieno di ironia, dove Palermo diventa il centro di macchinazioni ordite da Nord a Sud, da Anversa a Roma, e dove si mescolano spiritualità, peste, potere, politica. E l’arte di Van Dyck, Rubens e Sofonisba Anguissola.
«Un romanzo ricco di ironia nel quale Palermo è il baricentro di macchinazioni ordite da Anversa a Roma.» - la Repubblica
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Storia della beatificazione di Santa Rosalia e della sua elevazione a patrona di Palermo. Interessante dal punto di vista storico, ma non di facile lettura specie nella prima parte, un po’ confusa nella esposizione di personaggi e luoghi e situazioni. L’interesse cresce nella seconda parte che descrive molto bene lo scenario storico. La conclusione in un paio di brevi capitoli (dei quali l’ultimo essenzialmente descrittivo della processione) è davvero frettolosa. Questa scrittrice sa fare e ha fatto cose migliori.
Il romanzo nasce da un viaggio dell’autrice a New York dove scopre che al Metropolitan è esposto un quadro di Anton Van Dick " Santa Rosalia che intercede per la fine della peste". Nel racconto sono molteplici i fatti storici, il Regno di Sicilia è dominato dagli spagnoli, la Riforma protestante si espandeva dalla Germania e nel 1625 la peste che mette in ginocchio Palermo. Nel 1614, Viciuzza soprannominata “Babbasuna” una sera incontra nei vicoli di Palermo una sua coetanea, Rosalia, la Santuzza dal profumo di rosa e con la quale intraprende una intensa amicizia. Nel frattempo nel gesuita Don Cascini cresceva sempre più l’idea di promuovere Rosalia come patrona della città anche se ce ne erano ben quattro. Viciuzza, di madre prostituta e padre sconosciuto una sera subisce uno stupro e sarà proprio Rosalia ad aiutarla nel far nascere la figlia Liuzza. Cacciata di casa dalla madre e solo con l’aiuto di padre Cascini dal Convento delle Repentite viene sistemata nella casa della pittrice Sofonisba Anguissola. E’ sempre lui che nel corso dei suoi viaggi in Europa conosce Rubens ed il suo allievo Anton Van Dick che invita a Palermo con la scusa di fare un ritratto al vicerè Emanuele Filiberto ma con l’intenzione di ordinargli un quadro con l’effigie di Santa Rosalia. In questo romanzo troviamo sperse, zitelle, signore e serve che marciano e sodalizzano tra di loro in una unica voce “Rosalia, Rosalia, libertà e santità” ed una Rosalia libera e che ha vissuto come voleva. L’autrice nella postfazione dice <<…. se vi è piaciuto il racconto, allora è merito di Santa Rosalia; se al contrario vi siete annoiati, allora è colpa delle circostanze avverse>>.
E’ bella la storia di Vincenza, la trasformazione della ragazza “sempliciotta” che ha come amica Rosalia e non si chiede come mai questa le compaia accanto nei momenti tragici della sua vita. Questa ragazza diventerà una donna sicura di se grazie ad una serie di incontri che hanno il sapore di aiuto soprannaturale, e la sua nuova personalità sarà determinante nel coinvolgere altre donne ad organizzare una processione che porterà alla santificazione della sua “amica” Rosalia.
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