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Anno edizione: 2024
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Con l’amore che solo i grandi autori sanno dedicare ai propri personaggi, Silvia Avallone ha scritto il suo romanzo più maturo, una storia di condanna e di salvezza che indaga le crepe più buie e profonde dell’anima per riempirle di compassione, di vita e di luce.
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libro potente, commovente, ricco di fragile umanità. I due protagonisti sono due anime “ammaccate” che hanno smesso di vivere: una è vittima del “destino” l’altra è una carnefice, ed entrambe si rifugiano nello stesso luogo angusto per fuggire dal passato. “tutto questo per spiegarti che, indipendentemente dalle botte che hai preso, dalle cose brutte che hai visto e sentito, dei problemi che ti stanno scavando dentro un buco, -e io lo conosco alla perfezione, credimi quel buco,- la verità è che né tu, né io, né nessuno è mai veramente fottuto finché è vivo”
Questo è un romanzo duro e forte, letteralmente di acciaio, che non è un metallo ma una lega minerale; acciaio come quello che a suo tempo donò buona notorietà all’autrice, in verità alquanto ben meritata. Raccontano di sé ragazze, giovanissime, adolescenti, o appena maggiorenni, che per i casi della vita si portano dentro l’inferno. L’inferno ha tante facce, è un fuoco perenne, quindi ha tinte diverse e calore differente, può solo scottarti o carbonizzarti del tutto, dipende da dove sei situato, le lingue di fuoco hanno le sembianze fluttuanti di abusi, di pedofilia, di incesti, di sfruttamento di ogni tipo, di lutti materni mai metabolizzati, di bullismo, di indifferenza familiare e sociale. Tutte cose che avvenute ad una certa età pesano, è sempre l’adolescenza che decide chi sei. Senza adatti strumenti ed artigiani che ti insegnano ad usarli, non puoi lavorare la pietra, meno che mai l’acciaio, in sintesi allora il male che subisci ti appare sempre molto più grave di quello che fai. Servono mirabili ingegneri, usi a forgiare l’acciaio in strumenti, trarne anziché lame per ferire, utensili degni di insigni artisti. I veri protagonisti di questo romanzo restano sempre sullo sfondo, senza mai apparire, sono gli umili fabbri, maestri costruttori che rispondono ai nomi della dottoressa Gilda Pavulli in arte Frau Direktorin, delle educatrici Sara, Rita, Vilma, la Pandolfi, perché l’unica vera risposta è l’amore. L’amore è la cura, il solo che lascia traccia, che innalza vertiginosamente la temperatura di un pezzo freddo di acciaio, portandolo al punto di fusione, rendendolo incandescente, forgiandolo a forma di cuore, rosso come l’amore e non nero, così come è giusto che sia.
Questo libro mi ha completamente rapita. Ogni momento libero lo dedicavo alla lettura, mi ha tenuta letteralmente attaccata a questa bellissima storia, cercando in ogni pagina quel discorso in sospeso che viene concluso con una carica di amore che ne ha fatto valere l'attesa. Mi sono piaciuti molto i riferimenti che hanno riportato alla memoria la mia adolescenza, i personaggi sono ben descritti e non puoi non volergli bene, senti di voler anche tu una casa a Sassaia. La lettura è molto scorrevole, non ti puoi stancare di leggere questo libro. È il primo che leggo dell'autrice, sicuramente comprerò anche gli altri.
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