(Napoli 45 ca - 96) poeta latino. Dal padre, un maestro di scuola cultore di poesia, apprese i primi rudimenti della tecnica versificatoria. Venuto a Roma, vi ottenne denaro e popolarità, legandosi con alcuni dei più alti rappresentanti della società imperiale del tempo e con lo stesso imperatore Domiziano. Tornò poi a Napoli, dove morì. La produzione poetica di S. è abbondante: comprende la Tebaide, poema epico in 12 libri sulla lotta fra Eteocle e Polinice, che dimostra una buona conoscenza della tragedia greca e forse anche di alcuni poemi ciclici o di loro riassunti; l’Achilleide (interrotta alla fine del secondo libro dalla morte di S.), poema epico sulla educazione e le vicende della vita di Achille fino alla sua partenza per Troia; le Silvae, raccolta in 5 libri di poesie occasionali, per lo più in esametri, indirizzate ad amici per nascite, morti, matrimoni, edificazioni di ville e di piscine, acquisto e descrizione di opere d’arte ecc.; un poema sulle imprese militari di Domiziano, andato perduto; e una fabula saltica, cioè un libretto per pantomimo, Agave, ricordato da Giovenale.La fama di S. nell’antichità e nel medioevo poggiò soprattutto sulla Tebaide, opera che fu anche oggetto nell’antichità di ampi commenti grammaticali e retorici. Nei poemi epici di S. spiccano la versificazione fluida e composta, il gusto dell’iperbole e una tendenza compositiva tesa a valorizzare i singoli episodi; S. si giovò abilmente dell’imitazione dei poeti epici più antichi, e soprattutto di Virgilio. In epoca moderna l’interesse maggiore è andato alle Silvae, perdute nel medioevo e ritrovate da Poggio Bracciolini nel 1417: esse ci hanno conservato preziose immagini dell’alta società romana e dell’ambiente di corte e hanno dato al loro autore fama di grande poeta d’occasione. Tra i maggiori ammiratori di S. va ricordato Dante Alighieri, che, accogliendo una leggenda medievale di una sua conversione al cristianesimo, gli diede una posizione di rilievo, accanto a Virgilio, nell’ultima parte del Purgatorio.