Nacque nel podere di campagna detto il Caos, da una famiglia della borghesia commerciale di tradizione risorgimentale e garibaldina, sia da parte del padre Stefano che della madre, Caterina Ricci-Gramitto.
Preso soprattutto da interessi filologici e letterari, frequentò le università di Palermo, Roma e Bonn, dove si laureò nel 1891 con una tesi in tedesco di fonetica e morfologia (in traduzione italiana: 'La parlata di Girgenti').
Tornato in Italia nel 1892 e stabilitosi a Roma, grazie a Luigi Capuana strinse contatti con la cultura militante, collaborando con scritti critici e poesie alla «Nuova Antologia», conducendo sul «Marzocco» un’accesa polemica antidannunziana e insistendo in molti interventi su vari periodici sul tema della crisi dei valori di fine secolo.
Dopo il matrimonio con Antonietta Portulano, e i tre figli (Lietta, Stefano e Fausto: divenuti poi un famoso pittore quest’ultimo e scrittore l’altro, più noto con lo pseudonimo S. Landi), una crisi delle aziende familiari di zolfo rovina il patrimonio familiare.
Per questo Pirandello si dedicò all’insegnamento e, dal 1897 al 1922, fu professore di stilistica prima, e di letteratura italiana poi, nell’Istituto superiore di magistero della capitale.
Intanto pubblicava poesie, saggi, romanzi e novelle (che a partire dal 1909 apparivano sul «Corriere della sera»), ma si affermò come autore drammatico nel decennio successivo alla prima guerra mondiale.
Già era stato molto ricco il decennio 1910-20, dopo l’esordio con gli atti unici 'La morsa' (prima intitolato 'L’epilogo') e 'Lumìe di Sicilia'; particolarmente fitto di capolavori il biennio 1916-17, quando apparvero opere sia in lingua sia in dialetto (queste portate al successo da Angelo Musco), da 'Liolà' a 'Pensaci, Giacomino', alla 'Giara', a 'Il berretto a sonagli', 'Il giuoco delle parti', 'Così è (se vi pare)', 'Il piacere dell’onestà'.
Ma inizia col 1921 (l’anno delle clamorose rappresentazioni di 'Sei personaggi in cerca d’autore') il progressivo consenso del pubblico mondiale, e di gran parte della critica ufficiale, al suo teatro.
Nel 1925 inaugurò con uno spettacolo di massa, 'La sagra del Signore della nave', il Teatro d’arte di Roma, di cui fu direttore e regista, ed ebbe fino al 1934 una sua compagnia nella quale spiccò l’attrice Marta Abba; a lei dedicò fra l’altro i drammi 'Vestire gli ignudi' (1923) e 'L’amica delle mogli' (1927).
Accademico d’Italia dal 1929, gli fu conferito il premio Nobel nel 1934 per la letteratura.
La sua biografia registra infine una pubblica adesione al fascismo, che tuttavia non condizionò mai la sua opera di scrittore, inconciliabile con la letteratura celebrativa del regime, anzi perfino corrosiva della sua ideologia e del suo costume. Morì a Roma, mentre stava lavorando al dramma 'I giganti della montagna'.
Tra i temi più trattati: la solitudine dell’uomo, l’incoerenza e instabilità dei rapporti sociali e, di contro, gli inganni della coscienza e la necessità di una maschera, la disgregazione del mondo oggettivo, l’ironia lucidissima ma spesso alternata a pietà.
Tappe fondamentali del processo di interiorizzazione e penetrazione critica che caratterizza l’intera opera di P. sono il romanzo 'Il fu Mattia Pascal' (1904), 'I vecchi e i giovani' (1913), e il saggio 'L’umorismo' (1908), enunciazione articolata, storicamente e teoricamente, dell’avvento di un’arte umoristica.
Con la sua vasta opera narrativa, saggistica e teatrale, Pirandello si impone come uno degli autori più importanti del Novecento, non soltanto italiano, segnando uno dei momenti più alti del decadentismo a livello italiano ed europeo.
Parzialmente tratto da: Enciclopedia della Letteratura Garzanti 2007